P. BONIFAZIO. Stagioni di Subiaco – i luoghi e la gente
2006, Comune di Subiaco, Tip. Fabreschi, pp. 120, s.i.p.
Il libro è un meraviglioso affresco su Subiaco e, soprattutto, sulla gente di questo grande, per storia e cultura, paese della Valle dell’Aniene. Giuseppe Bonifazio non è solo un maestro della fotografia, così pignolo da ripetere decine di scatti di una strada o di un anziano al lavoro prima di ritenersi soddisfatto, ma è un vero e proprio artista, nel senso che la sua particolare sensibilità lo porta a carpire l’anima nelle cose e nei gesti di chi incontra. E’ un poeta che invece di scrivere in versi scrive con le immagini. Ma egli non ruba per sé, il suo lavoro è soprattutto pedagogico perché, come scrive lui stesso nell’introduzione: “La natura e l’arte rappresentano i beni più preziosi della terra di Subiaco, da tutelare e far conoscere alle nuove generazioni, per educarle al senso del bello e ai valori dell’uomo e dello spirito”. Il libro è un album di fotografie a colori e in bianco e nero di garantita bellezza, non solo nelle pagine che narrano i luoghi di Subiaco, sempre ripresi nelle diverse stagioni e posti a confronto (così vedi la Rocca o S. Andrea in estate e a fronte gli stessi monumenti in inverno), ma anche negli scatti che ritraggono gli uomini e le donne di Subiaco al lavoro, la gente eternata durante le feste religiose, i pellegrinaggi o il Carnevale. E’ un libro anche di indubbio interesse antropologico, zeppo di fotografie riguardanti mestieri ormai scomparsi (la ferratura dell’asino, il ramaio, il cestaio, la tessitrice, ecc.). Sì, perché Bonifazio è anche uno che, con cinepresa e macchina fotografica, ha documentato quasi tutte le feste e le tradizioni popolari di mezza Italia! Il suo archivio è un tesoro prezioso che andrebbe molto di più valorizzato e conosciuto. Ottima la fattura grafica e la qualità delle immagini, sempre completate con didascalie che, a volte, sono veri e proprie gemme poetiche. Ad esempio, sotto un groviglio di tetti e di luci, scrive: ” Chiacchierano ancora i tetti del mio vicinato, bisbigliano le tegole un mondo che fu”. Quale altro atto d’amore deve compiere un uomo verso la sua città? (ar. ta.)