A. GARIBALDI JALLET. Ricciotti. Il Garibaldi irredento
Paolo Sorba Editore, La Maddalena 2012, (cm 17 x 24), pp. 267, Ill.ni b/n nel testo, € 25,00.
Ricciotti (Montevideo 1847- Roma 1924), quarto figlio di Garibaldi e Anita, fu il personaggio che sentì più profondamente di altri l’eredità dell’“Eroe dei due Mondi”. Un’eredità ovviamente enorme, smisurata. Prima ancora di nascere, Ricciotti era il figlio di un mito vivente. A sottolineare una specie di predestinazione, fu battezzato con il nome del patriota frusinate Nicola Ricciotti (stessa sorte capitata al primogenito chiamato con il cognome del più celebre Ciro Menotti). L’infanzia fu difficile. Orfano della madre a due anni, a tre una carrozza gli lesionò gravemente una gamba mentre passeggiava con la nonna a Nizza. «Ricciotti – scrive l’autrice – è sfortunato e infinitamente fortunato nella sfortuna, come sarà durante tutta la sua vita». Il padre, che si trovava a New York, telegrafò di fare tutto il possibile per salvare l’arto, come avverrà, seppur con inevitabili handicap che lo accompagneranno per tutta la vita. Nella solitudine dell’infanzia Ricciotti cercava disperatamente «un modello di eroismo a lui confacente» e si attaccò morbosamente ai racconti di una sua protettrice a Liverpool, Emma Roberts. Finalmente poté misurarsi personalmente con il padre durante la terza guerra di indipendenza quando, non ancora ventenne, fu sui campi di battaglia, insieme con il fratello maggiore Menotti e con gli altri componenti del Corpo Volontari Italiani. Combatté contro gli austriaci a Bezzecca, unica vittoria italiana. Ma, sottolinea l’autrice, ancora «non vi è spazio per un altro Garibaldi, non ve ne è una necessità in Italia». Fu mandato dal padre a Londra per raccogliere fondi per la campagna dell’Agro Romano e quindi assegnato alla zona compresa tra la valle del Tevere e quella dell’Aniene. A Monterotondo, nel 1867, non perse la vita per un soffio. «Lo salva da una pallottola nemica – scrive la sua nipote e biografa – un giovane riminese che si interpone scaraventando Ricciotti giù dal cavallo: Sante Lenari muore. Ricciotti, non ingrato, darà nel1885 il nome di Sante ad un figlio suo». Una nuova avventura, stavolta decisiva e trionfale, cominciò nel 1870, quando Garibaldi, a sorpresa, si schierò a favore della Francia, da poco repubblicana, in guerra contro la Prussia. Nell’infanzia di Ricciotti, osserva l’autrice «si possono immaginare tante lacrime. Di tutto lo compenserà quel breve periodo della guerra in Francia (…). Oggi, l’omaggio dei comuni francesi dove si è combattuto – che hanno accolto l’emigrazione italiana e ne tengono conto nella creazione del consenso – è reso, sì, a Garibaldi e ai garibaldini tutti, ma soprattutto a Ricciotti e alla sua IV Brigata, che guidata da un giovane capo indemoniato, ma anche ragionevole e coraggioso, dà a quella guerra quel tocco d’epopea che accompagna la vittoria come il colore al disegno dell’acquarello». Finalmente elogiato dal padre per la vittoria insperata a Baigneux, Ricciotti trascorrerà la seconda parte della vita in famiglia, assistito fedelmente dalla moglie Constance. Il volume, ricco di foto d’epoca provenienti da collezioni private, è prefato da Arturo Colombo e Andrea Sebastiani. (Antonio Marguccio)