UNA TRIPLICE CINTA O FILETTO A ROVIANO

UNA TRIPLICE CINTA  O FILETTO
A ROVIANO

di Artemio Tacchia

Esattamente vent’anni fa, girovagando per il centro storico di Roviano, m’imbattei in via Castello 43 in un disegno inciso nella pietra calcarea usata come gradino dell’abitazione della famiglia di Enzo Crialesi. Rappresentazione abbastanza familiare a chi spesso l’aveva vista nel retro di una scacchiera e ci aveva giocato a filetto. E così, la fotografai e la dimenticai nell’archivio. Fino a qualche giorno fa, quando, questa volta curiosando nel web, mi sono ritrovato a leggere un bell’articolo di Giorgio Pintus (1) arricchito di foto scattate in vari paesi dei monti Lepini con lo stesso disegno, detto anche “triplice cinta”, inciso sulla pietra che avevo visto a Roviano.
Nel frattempo in paese c’erano stati enormi lavori di rifacimento delle pavimentazioni stradali proprio nel centro storico con la sostituzione dei vecchi sampietrini grigi con altri bianchi. Sono tornato a vedere se la pietra s’era salvata. C’è ancora, ma lo scalino d’una volta è sparito, inghiottito dal nuovo livello dato alla strada o, meglio, al vicolo.
Questa “triplice cinta” o filetto (2) è una figura geometrica incisa abbastanza rozzamente e costituita da tre quadrati concentrici suddivisi da due diagonali e da due mediane che, però, si arrestano sui lati e sui vertici del quadrato più piccolo senza congiungersi al centro. Il quadrato più grande misura: lato est 28 cm; lato sud 25 cm; lato ovest 24 cm e lato nord 23 cm. Anche le mediane (cm 9,5 lato nord e cm 7,5 lato est, ad esempio) e le diagonali presentano misure differenti. L’ingresso all’abitazione è sul lato a sud.
Chissà per quanti secoli bambini e adulti ci hanno giocato tranquilli, seduti all’ombra della casa. Chi l’avrà incisa e quando? E la pietra liscia e consumata, che contiene questo filetto, ha avuto fin dall’origine la funzione di gradino o essa proviene da qualche altro luogo? Non lo sapremo mai.
Enzo Crialesi (classe 1944), attuale proprietario, ci ha confermato che da ragazzo ci giocava spesso a filetto con i suoi amici e che la casa, appartenuta al nonno Rocco, dovrebbe risalire al XVIII secolo: «costruita a ridosso di un muro dello spessore di circa 2 m, forse il muro di cinta che proteggeva Roviano dalla parte ad est» (3).
Confesso che per me, questa figura geometrica, ha rappresentato sempre un piacevole passatempo. Mai ho avuto il sospetto, prima d’ora, che potesse sottendere altri significati esoterici o, meglio, altre letture misteriose. Quante volte, da ragazzi, ci abbiamo giocato a scuola disegnando il filetto con il gesso, o per strada tracciandolo con schegge di laterizi? E al mare, sulla sabbia? Centinaia di volte. Nessuno ci ha mai detto, però, che poteva rappresentare simbolicamente il sistema difensivo delle antiche città e che le mediane erano le vie principali per andare verso il centro sacro, luogo del potere civile e religioso, senza, comunque, raggiungerlo «come se, simbolicamente, dal centro religioso-temporale, venisse distaccato urbanisticamente il resto della cittadinanza» (4).
Intorno alla “triplice cinta”, in questi ultimi anni, si sono concentrati forti interessi da parte degli studiosi che hanno prodotto non solo articoli sulla stampa, siti, video e blog sul web, ma anche libri riccamente documentati, richieste di salvaguardia di questi segni culturali e avviato veri e propri censimenti nazionali e mondiali (5). Da uno di questi apprendiamo che sono stati documentati a: Palombara Sabina, alla base di un pozzo circolare in mezzo al giardino del castello Savelli, e a Tivoli, sul lato corto di una vasca romana conservata nella Villa Gregoriana, nella variante con la croce piena, che copre cioè anche il quadrato centrale (6).
Io stesso ho provato a chiedere agli amici di Facebook notizie, e non sono mancate le segnalazioni: ce ne sarebbero tre a Cineto Romano, una a Torano e una davanti alla chiesa di Quintiliolo a Tivoli, per restare in zona (7). Due anche sui sedili di pietra ai lati del portale della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Cocullo.

Oltre il filetto…

«Conosciuta come popolare gioco di pedine (filetto, tavola-mulino, mèrler, trija, etc.), la triplice cinta – ha scritto M. Uberti – ha avuto sicuramente anche una funzione simbolica. Alla triplice cinta sono state associate nel corso del tempo diverse interpretazioni: da semplice meridiana a cosmogramma, dall’espressione dei tre livelli di una società iniziatica all’emblematica cristiana, in cui assume la sintesi del macro e microcosmo, in cui il Centro è Cristo» (8).
Io credo che ben pochi, tra quelli che hanno passato del proprio tempo ludicamente su queste tavole incise sulle pietre o disegnate sulla carta, abbiano mai avuto una benché straccia idea di che cosa nascostamente significassero quei quadrati e quelle linee sulle quali muovevano sassolini, bottoni, pezzetti di carta o semi di pesche.
Tuttavia, dagli studiosi è comunemente accettato che il quadrato rappresenta «un simbolo geometrico che esprime l’orientamento dell’uomo nello spazio e nell’ambito vitale in base a una visione del mondo in parti governate da custodi soprannaturali» (9). Molti templi erano a base quadrata e nelle civiltà antiche, non solo del Mediterraneo ma anche asiatiche, la rappresentazione della Terra era quadrata, il modello di città ideale era quadrato così «il quadruplice orientamento dell’immagine del mondo» nei giochi, come il filetto o il mulino, assumeva le forme del quadrato. Nel quadrato «è fondamentale il desiderio di orizzontarsi in un mondo che appare caotico, mediante l’introduzione di direzioni e coordinate. La quadratura comporta un principio d’ordine che sembra essere innato nell’uomo e che, in un sistema dualistico, si contrappone al cerchio, che rappresenta le potenze celesti» (10).
Queste “triplici cinte” sono state ritrovate nei luoghi più svariati: chiese, pareti di grotte e castelli, muri, mosaici romani, gradini di abitazioni, pilastri, torri. Ma anche gli studiosi più ferrati hanno difficoltà a datarle con certezza e ad attribuirgli significati simbolici certi. C’è chi parla di «tracce lasciate da iniziati per indicare un luogo dove sono presenti energie telluriche» (11), chi di simboli esoterici legati alla massoneria, chi li associa ai Templari.
Resta, tuttavia, un gioco per la stragrande maggioranza delle persone, arrivato a noi dai latini (che lo chiamavano merellus, pedina). Il che non ci impedisce di contribuire al suo censimento e alla sua salvaguardia. Sarebbe davvero un peccato, al pari di altre testimonianze della nostra civiltà, se queste “triplici cinte” o filetti incisi sulle pietre scomparissero.

1- G. Pintus, Tris e filetto, giochi o simboli esoterici?, in Nuova Informazione, rivista mensile di attualità, ambiente, cultura, anno XVI, n. 5-6, maggio,giugno 2010. Anche in:  http://giorgiopintus.blogspot.it
2- Sul gioco del filetto e sulle numerose “tripli cinte” rinvenute a Roma dalla studiosa Matizia Maroni Lumbroso (Cfr. L’Urbe, n. 2, Roma 1963) vedi: G. Roberti, I giochi a Roma di strada e d’osteria, pp. 368-371, Newton Compton Editori 1995.
3- L’abitazione, che non poteva far parte delle mura di cinta dell’antico nucleo, è ubicata nella zona a est del centro-storico di Roviano edificata tra il 1600 e il 1800. Cfr. Longo, Albisinni, Abenavoli, Centri storici minori nel Lazio, Edizioni Kappa, 1979 Roma.
4- G. Pintus, op. cit.
5- Vedi: www.angolohermes.com; www.esonet.it; www.duepassinelmistero.com; www.satorws.com. Sull’argomento, libri assai documentati sono: M. Uberti, G. Coluzzi, I luoghi delle Triplici cinte in Italia. Alla ricerca di un simbolo sacro o di un gioco senza tempo?, Eremon Edizioni, 2008; M. Uberti, Ludica, Sacra, Magica. Il censimento mondiale della Triplice Cinta, Edizioni Il mio libro, 2012;  R. Mosca, A. Rubino, La triplice cinta. La geometria della bellezza nelle opere di maestri di ogni tempo, 2008, Terre Nuove edizioni; F. Manticelli, I misteri della triplice cinta, Ananke edizioni, 2012.
6- http://www.duepassinelmistero.com/censimentotc.htm
7- Ringrazio gli amici: E. Crialesi, L. Rossi («a Scurcola Marsicana, noi li tracciavamo sulle panchine o su qualsiasi superficie piana con le foglie o con i pezzetti di terracotta»), R. Nicolai (Torano, Ri), E. Fracassi («sulla copertina in travertino del muretto dello spiazzo davanti alla chiesa di Quintiliolo a Tivoli, con vista Tempio di Ercole; il filetto è vicino a scritte tedesche degli anni ‘40»); A. Colasanti (Cineto Romano); P. Rosati («tabula lusoria»); S. Barba (Roma); G. Gumina (uno simile inciso sotto un’arcata del chiostro adiacente alla chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma, a metà di via dei Coronari). Altri amici mi hanno segnalato filetti anche oltre il nostro territorio: V. Pascalicchio (Turi, Ba), F. Grimaldi («l’ho visto sul gradino di una vecchia abitazione a Itri, provincia di Latina»), F.  Pratticò («In Turchia, ad Efeso»), S. Visintin («Si trova in centro a Radini, in Croazia, nel cortile di Maria Radin»).
8- M. Uberti, Brevi considerazioni sulla triplice cinta dell’Acropoli di Alatri (FR), maggio 2009, in http://www.duepassinelmistero.com. Nel 2008 ad Alatri G. Boezi e O. Tofani avevano scoperto, di notte, sopra una pietra megalitica dell’acropoli una incisione sconosciuta alla quale hanno attribuito il significato di «cronografo solare di un tempo ciclico, incardinato sul flusso temporale degli equinozi e dei solstizi». Vedi: M. Pist., Un graffito sul “tempo ciclico” dalla Mesopotamia ad Alatri, in Ciociaria oggi, 5 maggio 2009.
9- Le garzentine, Simboli, pp. 422- 425, Garzanti 2000.
10- Idem
11- www.satorws.com