LA ZAMPOGNA ZOPPA NELLA COMUNITÀ AGROPASTORALE SUBLACENSE

LA ZAMPOGNA ZOPPA
NELLA COMUNITÀ AGROPASTORALE SUBLACENSE

di Marco Cignitti

Numerosi studi etnomusicologici (Leydi, De Carolis, Sparagna, Ricci e Tucci) identificano l’alta valle dell’ Aniene come centro di una forte tradizione nell’uso e nella costruzione di uno degli strumenti musicali più caratterizzanti la civilta’ contadina e pastorale del centro-sud d’Italia, ovvero la zampogna. In particolare l’alta valle dell’ Aniene si attestava fino ai primi anni’ 80 come zona di conservazione di un particolare tipo di zampogna, quella detta “zoppa”, che invece era pressoché scomparsa nelle altre zone del Lazio, dell’Abruzzo e del Molise, sostituita dalla più moderna zampogna a chiave. Gli strumenti, anticamente fabbricati da artigiani locali, successivamente venivano acquistati in VaI Comino. In questo caso essi subivano forti modificazioni da parte dei suonatori stessi, sia esteticamente che organologicamente, con la sostituzione delle ance doppie con ance singole e con l’installazione di un otre molto più grande di quelli normalmente in uso nell’ Italia centrale, somigliante sia nella forma sia nel conseguente modo di imbracciarlo, agli otri delle zampogne calabresi e siciliane. Anche la scala su cui questi strumenti erano intonati aveva caratteristiche di notevole arcaicità. Il repertorio comprendeva sonate, pastorali, salterelli e serenate in grado di soddisfare qualsiasi esigenza devozionale o di intrattenimento.
Tutte le testimonianze e le ricerche finora disponibili sulla presenza della zampogna zoppa nella nostra valle ne attestavano la presenza soprattutto a Vicovaro, Saracinesco e Anticoli, con tracce anche a Roviano, Agosta ed Affile (registrazioni di E. De Carolis e ricerche di A. Sparagna e R. Leydi), mentre Subiaco ne era del tutto escluso. Proprio questo mi ha spinto ad effettuare questa piccola ricerca che, senza alcuna pretesa di esaustività, vuole dare un piccolo contributo alla conoscenza ed alla riscoperta delle nostre tradizioni musicali. Dalle testimonianze di persone anziane, che conservano memoria
di suonatori di zampogna a Subiaco, di notevole aiuto sono state le informazioni fornitemi dal signor Vincenzo Appodia, ultimo pastore di Subiaco. Queste mi hanno permesso di accertare la presenza di zampognari a Subiaco fino alla metà degli anni’ 60. In particolare, di tre di questi è ancora vivo il ricordo: Pittucci Amati detto Ju trebbanu, Antonio Mulazzi detto Longo e Giuseppe Vannoli detto Biancone.
Relativamente al primo nome citato, la scarsità di informazioni sul personaggio è stata compensata dalla possibilità di analizzare lo strumento suonato da questo pastore, oggi conservato dal sig. Terenzio Scattoni. Del secondo le notizie raccolte ci dicono che Antonio Mulazzi era allievo di Giuseppe Vannoli, con cui suonava durante le festività natalizie nella chiesa dei “Cappuccini ” e in quella di “S.M. della Valle”, ma anche in altre occasioni come il carnevale o per accompagnare i tradizionali Canti alle zampogne o il ballo durante le altre occasioni di festa. Per quanto riguarda Giuseppe Vannoli è stato possibile raccogliere un maggiore numero di informazioni grazie alla signora Iolanda, figlia dello stesso, che ha conservato e fatto restaurare lo strumento suonato dal padre, che è stato così possibile esaminare e fotografare. Giuseppe Vannoli nasce nel 1890 in una famiglia in cui l’arte del suonare la zampogna veniva tramandata di generazione in generazione. È proprio dal padre, infatti, che egli eredita quel patrimonio musicale figlio di tempi antichissimi di cui oggi si sono quasi perse le tracce e fatto di novene, pastorelle, salterelli. Come ogni buon suonatore, egli atteneva alla difficile manutenzione dello strumento costruendo le ance, dette in loco “spugnette” (probabilmente ance singole così come nell’uso della nostra valle) e l’otre di pelle di pecora o di capra che richiedeva particolari trattamenti conservativi. La signora Iolanda ricorda perfettamente le lunghe ore che il padre, seduto davanti al fuoco, passava ad accordare lo strumento modellando la cera d’api nei fori delle canne con gli stuzzicareji. Giuseppe Vannoli, ultimo zampognaro di Subiaco, ha suonato fino al 1960 ed è deceduto qualche anno più tardi portando con se un piccolo ma importante frammento della nostra identità.

l -Scheda. La zampogna zoppa di Giuseppe Vannoli
Lo strumento si presenta privo di otre, ance ed insufflatore mentre conserva tutti gli altri elementi, ovvero la testata di raccordo con inseriti i due chanters ed i bordoni maggiore e minore. Tutti gli elementi sembrano realizzati in legno di ciliegio o prugno e sono stati sottoposti ad un forte restauro conservativo a causa della colonizzazione dello strumento da parte dei tarli che ne hanno fortemente compromesso la solidità. Purtroppo il restauratore ha provveduto anche ad incollare le canne dei chanters e dei bordoni alla testata in una posizione, a mio parere, errata e cioè con i due chanters in posizione frontale e i due bordoni inseriti posteriormente a questi. Lo strumento è interamente lavorato al tornio ad eccezione della parte superiore del bordone maggiore che è stata ricostruita a coltello dal suonatore in seguito alla sua rottura. A causa della inamovibilità dei vari elementi, nella descrizione particolareggiata che seguirà le misurazioni debbono intendersi a partire dal punto di inserzione delle varie canne nella testata.
Ritta: (chanter destro) misura cm 64 con campana avvitata del tipo “avezzanese” ovvero non molto grande e con foratura restringentesi nella parte terminale. Sulla canna troviamo due fori posteriori e sei anteriori più un altro di accordatura poco prima dell’innesto della campana.
Manca: (chanter sinistro) misura cm 80 presenta sette fori posteriori piu’ altri quattro di accordatura di cui uno sulla campana anch’essa avvitata e tornita alla “avezzanese”. La cameratura (foratura interna delle canne) è conica così come in tutte le zampogne dell’ area laziale-molisana. L’elevato numero di fori sulle canne è dovuto quasi sicuramente ad una successiva manipolazione da parte del suonatore, in quanto normalmente le zampogne zoppe presentano cinque fori digi¬tali sulla ritta e quattro sulla manca mentre quelli di accordatura possono variare.
Bordone maggiore: costituito da due parti in grado di scorrere l’una nell’ altra ( per l’accordatura) misura cm 45 alla minima estensione e presenta la parte superiore ricostruita a coltello, la cameratura è leggermente conica e la campana presenta un foro di accordatura.
Bordone minore: anch’ esso in due parti scorrevoli, lungo cm 24 alla minima estensione, con cameratura cilindrica e dotato di un tappo in sughero legato ad esso con uno spago così da consentirne l’azzittimento da parte del suonatore.
Testata: è il punto di raccordo di tutte le canne che compongono lo strumento e di queste con il collo dell’ otre, ha forma troncoconica con diametro superiore di cm 6 e diametro inferiore di cm 10, lunga cm 20.
Presenta due scanalature per il fissaggio al collo dell’ otre mediante legatura con spago.
Le ance utilizzate in questo strumento erano molto probabilmente ance singole usate in sostituzione di quelle doppie, che normalmente venivano montate sulle zampogne zoppe nelle altre aree in cui queste erano diffuse. Questa particolarità dell’uso di ance singole nella valle dell’ Aniene può aver avuto origine, a mio giudizio, dall’ estinzione dei costruttori di zampogne locali che ha determinato nel tempo una difficoltà di reperimento delle ance doppie in quanto la loro costruzione, molto complessa e delicata, richiedeva l’opera di artigiani di grande esperienza, quasi sempre costruttori di zampogne. Le ance singole, invece, erano di costruzione più semplice e ben conosciuta in quanto utilizzate anche dai bambini per la costruzione di semplici pifferi di canna. Questa ipotesi, inoltre, è supportata anche da un commento del celebre zampognaro Francesco Splendori di Anticoli, riportato sul fascicolo che accompagna il disco delle edizioni “Albatros”, intitolato l canti e le zampogne, Lazio vol. l, curato da Ettore De Carolis, in cui egli dichiara che la sua zampogna montava ance semplici da lui costruite in quanto era morto l’artigiano che gli costruiva quelle doppie.

2 – Scheda. La zampogna zoppa di benedetto Amati
Lo strumento si presenta privo di ance, otre ed insufflatore, è realizzato in legno da frutto e lo stato di conservazione, se si eccettua la testata, è eccellente. La testata, infatti, mostra tre grandi fessurazioni longitudinali, che debbono essersi verificate già al tempo in cui lo strumento era in uso, in quanto la testata è rinforzata dalla presenza di due grossi cerchi in ferro battuto chiusi con dei ribattini per impedire l’allargarsi delle fenditure stesse. Essa è inoltre realizzata in un’ essenza legnosa differente da quella delle canne, sicuramente meno pregiata, in quanto non partecipante alla formazione del suono e perdippiù esposta più di ogni altro elemento alla elevata umidità che veniva a crearsi all’ interno dell’otre che quindi ne avrebbe comunque pregiudicato la durata. Un altro elemento che merita un commento distinto è la parte terminale del bordone minore, Essa infatti non è l’originale (andato perduto), bensì è stata ricostruita dall’attuale proprietario per motivi di completezza estetica. L’età dello strumento dovrebbe aggirarsi intorno agli 80 -100 anni.
Ritta: (chanter destro) è lunga 44,5 cm con cinque fori digitali più altri tre di intonazione.
Date le piccole dimensioni, sia il fuso sia la campana sono realizzati in un unico massello di legno. La campana era probabilmente all”‘avezzanese” ed è stata poi allargata dal suonatore fino a portarla ad un diametro interno di circa 5 cm.
Manca: (chanter sinistro) è lunga 56,5 cm con quattro fori digitali e quattro di intonazione, anch’ essa realizzata da un unico massello. Sulla campana troviamo Io stesso tipo di modifica che ne ha portato il diametro di apertura a circa 6 cm.
Bordone maggiore: è composto da due parti che scorrono una nell’ altra ed è lungo 39,5 cm alla minima estensione. Non presenta fori di accordatura.
Bordone minore: Anch’ esso composto da due parti scorrevoli di cui una, quella terminale, realizzata a coltello dall’attuale proprietario che ha portato la lunghezza dell’ insieme a 29,5 cm.
Testata: di forma troncoconica rinforzata da due cerchi in ferro battuto è lunga cm 17 con diametro inferiore di cm 15 e superiore di cm 8 presenta i quattro fori per l’ inser¬zione delle canne e due scanalature per la legatura del collo dell’otre mediante spago.