GUARDIA O PUNTALE? DISPUTA INTORNO ALLA SPADA EQUA DI CASAL CIVITELLA

GUARDIA O PUNTALE?
DISPUTA INTORNO ALLA SPADA EQUA DI CASAL CIVITELLA

Di Claudio Rossi Massimi

Willard F. Libby, il chimico che nel 1947 mise a punto il metodo di datazione degli organismi viventi attraverso l’analisi dell’isotopo 14 del carbonio e che, per questo, fu insignito nel 1960 del premio Nobel, ricordava sempre che di fronte alla prova scientifica la fede può vacillare.
Io sono perfettamente d’accordo anche se ho imparato che quando il pensiero gira intorno alla fede le cose non sono mai così semplici.
Fede e ragione sono due antichi duellanti che si disputano la supremazia sull’essere e che, entrambi, vogliono rappresentare l’esclusivo riferimento della mente.
Personalmente ho sempre ritenuto che l’evidenza, la prova inoppugnabile e la testimonianza diretta debbano godere, al di là di ogni altra cosa, di un primato intellettuale inalienabile perché è solo così che si può contrastare l’inganno. E, scomodando Platone, continuo ancora a credere che l’unica parte vera della nostra anima è quella razionale.
Questa premessa, vagamente filosofica, è perché il nostro discorso girerà intorno proprio a questo, alla scelta consapevole tra fede e ragione.
Nella tomba numero 3 della necropoli equa di Casal Civitella a Riofreddo, durante gli scavi eseguiti alla fine degli anni ’80, fu rinvenuta una spada lunga in ferro con parti decorative bronzee e resti lignei (Fig.1).
La sepoltura in questione conteneva anche altri reperti metallici riguardanti sempre armi, quali una lancia e una lama di coltello. Sicuramente era il corredo funebre di un guerriero importante, di un uomo che tra il VI e il V secolo a.C. aveva fatto della guerra la sua ragion di vita e che, forse, proprio in guerra ne aveva trovato la fine.
La tomba numero 3, a differenza di altre, era intatta e la copertura in calcare spugnoso stava ancora al suo posto. Siamo stati noi i primi e gli unici ad aprirla dopo circa duemilacinquecento anni.
Dico noi perché quel giorno c’ero anch’io. Ho partecipato alle due campagne di scavo effettuate dalla Soprintendenza Archeologica per il Lazio e, insieme alla dott.ssa Elena Menotti, ho disegnato, catalogato e fotografato tutto ciò che la necropoli ci ha restituito. La foto che ritrae la spada come l’abbiamo trovata, ovvero nella sua deposizione originaria, l’ho scattata io.
Da quel giorno è iniziato un lungo iter che ha portato questo importante reperto prima nel magazzino del tempio di Ercole a Tivoli, poi nei locali della sezione archeologica del Museo delle Culture di Villa Garibaldi dove, come curatore, ne ho allestito l’esposizione.
Ma la spada doveva essere restaurata prima di venire esposta nel museo e quindi fu affidata a uno specialista del settore. Il restauro, eseguito dal dott. Alberto Mazzoleni, ce l’ha alla fine restituita in tutto il suo innegabile fascino al quale chi ha occhi per la storia non può certo sottrarsi (Fig.2).
Come si vede nella fotografia scattata al momento dell’apertura della tomba, la spada anche dopo il restauro ha mantenuto la sua fisionomia originaria, con l’elemento decorativo in bronzo semilunato e traforato che abbellisce quella parte estrema dell’impugnatura che si chiama guardia e con i resti del fodero che doveva essere prevalentemente in legno.
A questo punto cominciano i problemi. Qualcuno inizia a sostenere che la spada è stata restaurata e ricomposta male e che quell’elemento decorativo semilunato è sicuramente il puntale del fodero; in poche parole, si trovava oltre la punta della lama come in molte altre spade coeve a quella di Casal Civitella.
Effettivamente conosciamo alcuni esemplari, compreso quello raffigurato nel guerriero di Capestrano, che hanno la parte finale del fodero strutturata e decorata con un elemento semilunato molto simile a quello della spada della tomba 3 (Fig. 3); ma questo può essere sufficiente a negare l’evidenza del rinvenimento e i riscontri del restauro? Quando l’arma fu mandata al restauro il responso fu che tutti gli attacchi delle fratture combaciavano e che quindi la sua forma era sicuramente come appare all’interno della sepoltura.
Ma i sostenitori del puntale (li chiamerò così) non demordono; la loro tesi è che sono troppi gli esemplari conosciuti che hanno quell’elemento alla fine del fodero per poter accettare un’altra ipotesi. La comparazione stilistica e culturale non ammette dubbi perché le spade tra il VII e il V sec. a.C. sono spesso così.
Non eccepisco sull’analisi comparativa e stilistica, eccepisco sulla sua supremazia rispetto all’evidenza.
Accetterei la critica se la spada in oggetto fosse stata trovata in una tomba sconvolta da movimenti della terra o violata nel tempo da scavi clandestini o se fosse arrivata a noi in pezzi separati ma, come si può chiaramente vedere nella foto del suo rinvenimento, la spada è stata restaurata così come è stata trovata. D’altronde trovo alquanto improbabile, se non bizzarro, che quell’elemento semilunato possa essersi trasferito all’interno di una sepoltura intatta risalendo dalla punta alla testa.
I sostenitori del puntale replicano che non si conoscono altri esemplari di spada, coevi a quella di Casal Civitella, che abbiano una guardia di quel tipo e che quindi, per comparazione e stile, quell’elemento non può altro che essere un puntale posto all’estremità inferiore del fodero della lama.
Queste argomentazioni mi hanno invogliato al dubbio, anche perché il dubbio  ritengo che sia un elemento indispensabile all’onestà intellettuale e soprattutto un passaggio obbligato per la costruzione della ragione. Sforzandomi di dimenticare le prove dell’evidenza che ben conosco, sono andato a indagare tra i reperti che abbiamo a disposizione e che soprattutto sono riconducibili per cultura e periodo alla spada di Riofreddo.
Durante la ricerca mi sono imbattuto in alcune spade che appartengono a varie culture dell’Italia centrale nel periodo che va dalla tarda età del Bronzo a tutto il periodo arcaico (Fig. 4). In questi reperti è chiaramente visibile l’elemento decorativo della guardia che, in alcuni casi, è di forma arrotondata e quindi concettualmente e stilisticamente simile a quello della spada di Casal Civitella.
Sinceramente non riesco a comprendere perché si debba escludere che lo stile, la forma e gli elementi decorativi di un arma dell’età del Ferro possano avere diverse varianti e, anche se le spade della nostra storia sono catalogate all’interno di famiglie stilistiche, non riesco sempre a capire perché un nuovo reperto non possa iniziarne un’altra di categoria.
L’indagine archeologica, a mio avviso, deve ricostruire la storia e la vita passata degli uomini restando il più possibile fedele a quello che troviamo, senza cercare di interpretare tutto e sempre attraverso personalismi troppo soggettivi. Se qualcosa non corrisponde a ciò che ci insegna la nostra esperienza, credo sia più corretto dubitare e fare esercizio di umiltà culturale. Gli oggetti, sempre scomodando Platone, sono copie delle idee e le idee, fortunatamente, sono innumerevoli, diverse e soprattutto irrefutabili nella loro originalità.
La spada di Casal Civitella fu poggiata trasversalmente sul corpo del defunto con l’impugnatura sulla spalla sinistra e la punta della lama alla destra dei piedi. Parallela al corpo c’era poi la lunga lancia e, vicino, il coltello. Di quell’uomo noi non sapremo mai il nome, i pensieri e i sentimenti, possiamo solo ipotizzarne l’attività prevalente, l’età della morte e l’appartenenza a un popolo. Possiamo sicuramente dire che le sue armi furono, tra gli oggetti personali, quelli che avevano maggiore dignità per accompagnarlo nella morte e per ricordarne la vita.
Se quella sia una guardia o un puntale, in fondo, è del tutto secondario; la cosa che, invece, continuo a credere molto importante è che la ragione dell’evidenza debba essere sempre preferibile alla fede delle categorie e degli schemi mentali.