TRACCE DEL CULTO DI APOLLO NELLA FONTANINA (I SEC. D. C.) CONSERVATA NEL MUSEO DI ROVIANO
di Eleonora Battisti
Nelle stanze del Palazzo Baronale di Roviano è allestito il “Museo della Civiltà contadina Valle dell’Aniene”. Visitandolo si compie un viaggio in una realtà storica che potrà sembrare lontana e dimenticata, ma che era la vita quotidiana per i nostri nonni. Seguendo un percorso che consente di ammirare la struttura possente del Palazzo, e contemporaneamente di vedere e quasi toccare con mano gli oggetti del mondo contadino, ci si rende conto di come si sia bene materializzato l’obiettivo degli ideatori: restituire ai contadini e ai paesani il castello, luogo per il quale essi avevano duramente lavorato e da cui dipendeva la loro intera esistenza, ma che restava praticamente inaccessibile (1).
Nella prima sala è esposta una serie di reperti che può apparire come un mosaico incompleto, ma le cui tessere, seppur cronologicamente distanti tra loro, sono ciò che il territorio e il castello ci hanno restituito della storia della Valle. Si tratta di oggetti e reperti che spaziano dai resti fittili e marmorei romani agli stucchi, alle mattonelle, alle pietre scalpellinate e alle pregevoli mensole lignee delle casate Colonna, Massimo e Brancaccio.
La fontanina romana
Ma particolarmente degno di attenzione, a mio avviso, è il reperto identificato (e significativamente chiuso in una vetrina) come una fontanina d’epoca romana, purtroppo non reperita in situ, ma in una cantina in via Castello del Centro Storico di Roviano nel 1985, incassata in un muro e utilizzata come materiale di reimpiego (2). Successivamente essa fu collocata nella chiesa di S. Giovanni Decollato, poi nel giardino della casa parrocchiale e finalmente, nel 2001, consegnata al Museo da monsignor Borali.
La fontanina è ricavata da un blocco di marmo piuttosto consunto ed ha un’altezza di 38 cm ed una larghezza di 45 cm. All’interno presenta un incasso profondo 13 cm che serviva ad inserirla su un sostegno. Ha una forma dodecagonale, ma delle dodici facce, per l’avvenuta rottura, ne restano soltanto nove, decorate a ritmo alterno: quattro con dei rilievi e cinque con delle scalette a dieci gradini. È una fons saliens, molto diffusa presso i Romani tra il I e il II sec. d.C. (3). Il sistema di funzionamento era il seguente: l’acqua saliva dentro il blocco per mezzo di una fistula (di cui è presente il foro di 3 cm) e zampillava nel bacino centrale, per poi defluire nei fori posti sulle scalette, creando un bellissimo effetto a cascata.
Sulla sua iconografia sono molte le difficoltà di identificazione per la evidente consunzione dei rilievi; tuttavia mi sento di avanzare una lettura delle tre raffigurazioni ancora leggibili. In due dei tre rilievi si vedono due figure umane, una chiaramente femminile, l’altra forse maschile, mentre nel terzo centrale, è visibile un tripode. Era questo un oggetto, come dice il nome, a tre piedi, generalmente di bronzo (ma talvolta anche d’oro o d’argento), che nel mondo greco aveva sia un uso pratico (ad esempio, di sostegno del lebete, bacile per bollire le carni), sia un uso sportivo, come premio per i vincitori di gare, in particolare quelle che si svolgevano durante le Feste Pitiche in onore di Apollo Pizio. Queste erano state create a Delfi, in Grecia, dove Apollo fanciullo, secondo il mito, aveva ucciso il drago Pitone (da cui l’appellativo di Pizio), il quale aveva insidiato la madre Latona. In Grecia, si ricorreva ad Apollo Pizio per i suoi oracoli, pronunciati, quasi delirando, dalla Pizia, sacerdotessa che profetizzava seduta proprio su un tripode.
E’ dunque evidente l’inscindibile legame fra questo oggetto e Apollo, ed è altrettanto evidente il suo legame con la fontanina di Roviano, se la si riconduce al suo periodo storico.Infatti nel I e nel II secolo d. C. era ancora molto forte sulla società l’influsso augusteo (4). Ottaviano si era posto sotto la protezione di Apollo fin dall’epoca della battaglia di Filippi (42 a.C.) contro i cesaricidi, poi contro Sesto Pompeo (36 a.C.), edificando al dio il tempio sul Palatino, e ancora nella battaglia di Azio (31 a.C.) contro Antonio. Fu proprio nello scontro contro quest’ultimo, che si professava novello Dioniso, che Ottaviano scelse per sé la figura di Apollo, tanto che presto venne identificato con la divinità stessa o come suo figlio. Un motivo di questa scelta fu che le caratteristiche apollinee si adattavano perfettamente al programma politico di Augusto: la morale, la disciplina e la virtù purificatrice. Dopo Azio, comunque, la rappresentazione di Apollo mutò, trasformandosi in quella del citaredo, dio della pace, simbolo dell’inizio di una nuova era, quella augustea appunto.
Così il tripode, uno dei simboli della divinità (alloro, betilo, ecc.), divenne in quel periodo anche un chiaro riferimento alla politica augustea. Va comunque ricordato che questi simboli, in virtù della loro ampia diffusione, furono usati anche nella sfera privata, non necessariamente per sostenere il princeps, ma come pura decorazione. Ed è forse il tal senso che va visto il tripode rappresentato nella fontanina di Roviano, reperita in un’area che per la sua vicinanza a Roma risentiva fortemente dei suoi influssi (5).
Le figure umane
Alla destra del tripode è presente un rilievo raffigurante una donna, di cui è ben visibile la parte inferiore del corpo mentre la parte superiore risulta consunta. Sembra si tratti di una danzatrice, posta sulle punte dei piedi nudi e avvolta in una veste svolazzante che si apre sul davanti, scoprendo le gambe fin sopra le caviglie. Tutti elementi che, unitamente al contesto rurale del ritrovamento e alla presenza del tripode apollineo, mi lascia supporre che possa identificarsi in una Ninfa.
Le Ninfe, figlie di Zeus, erano personificazioni delle forze naturali (fonti, fiumi, grotte, selve, ecc.) ed erano rappresentate nude o vestite con veli leggeri e trasparenti, mentre cantavano e danzavano. Il loro culto era associato a divinità maggiori, come Apollo, Dioniso, Pan. I Romani le veneravano anche come divinità delle acque salutari e termali; e non a caso il territorio di Roviano è ricco di acque e sorgenti.
L’ultimo rilievo è senza dubbio il più controverso da decifrare. Esso risulta consunto nella parte superiore, mentre in quella inferiore sono visibili delle gambe nude: quella d’appoggio presenta il piede sulla punta, l’altra risulta sollevata e flessa. Per la loro robustezza e nudità le gambe sembrano appartenere ad un uomo. Sotto la gamba flessa si trovano due elementi molto interessanti: una cesta (riconoscibile da alcuni accenni di intreccio nella parte inferiore), dalla quale esce un serpente che sembra essere legato da un nastro al piede del personaggio. Anche questi simboli potrebbero rimandare ad Apollo, frequentemente raffigurato col serpente (come ricordo dell’uccisione di Pitone), ed essere collegati al tripode. La cesta inoltre potrebbe essere una cista, cioè una sorta di canestro intrecciato, usato nei rituali per contenere oggetti di culto.
In conclusione, viene da ipotizzare che la fontanina di Roviano racconti un rituale o una cerimonia legata al culto di Apollo, magari in ambito familiare. Del resto il territorio abbondava di ville rustiche e, forse, proprio da una di queste potrebbe provenire il prezioso reperto archeologico.
1- Il Museo è aperto il sabato, la domenica e il lunedì di mattina e pomeriggio, il giovedì e il venerdì solo di mattina. Per visite guidate e informazioni: tel. 0774903143, 0774903412. Ringrazio la Professoressa di Antichità Greche dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” Paola Lombardi e la Professoressa …………………………… per gli utilissimi e generosi aiuti che mi hanno dato nella “difficile” lettura di questo reperto archeologico.
2- Cfr. A. Tacchia, Quel parroco kitch. Così la fontanina diventa un soprammobile, in Tendenze n. 18 del 1985, Bagni di Tivoli; Roviano, archeologia e territorio, 2002, Comune di Roviano.
3- Museo Nazionale Romano. Le sculture, vol. I.3, 1982, De Luca Editore, pp. 66-68.
4- P. Zanker, Augusto e il potere delle immagini, 1989, Einaudi editore.
5- C’è un altro enigma da sciogliere: perché il serpente è legato al piede dell’uomo? Sono ancora tanti, come si vede, i segreti che questa montanina, venuta fuori dal buio di una cantina di un piccolo paese, nasconde. Ci sarà qualche esperto che ci aiuterà a scoprirli?