INSEDIAMENTI EQUI
IN TERRITORIO DI AGOSTA
di Giuseppe Panimolle
La testimonianza della presenza degli Italici nel territorio di Agosta è attestata dalla scoperta avvenuta intorno agli anni 1983 – 1985 di tre importanti siti archeologici nelle località Castellone, Lavoratine e Cisterna.
Le mura di Castellone
Il primo sito si trova sulla sommità di una collina, a oltre due Km in linea d’aria dal paese, verso nord. Si tratta di quattro recinti semicircolari concentrici realizzati con pietre poligonali lungo i fianchi del colle, da mezza costa fino alla cima dalla forma arrotondata, dove ancora esiste una grande spianata a forma di aia pavimentata con basolato di pietra locale. Il diametro della cinta più piccola misura circa 50 metri; mentre quello delle altre cinte non è stato possibile rilevarlo per la presenza della fitta vegetazione. Le quattro cinte murarie sono ancora ben conservate per alcuni tratti e risultano realizzate secondo la tecnica dei castellieri. Il recinto posto più in basso in qualche punto raggiunge l’altezza di m 1,20. Le caratteristiche morfologiche del colle e la tipologia delle mura portano a concludere che si tratti di un luogo fortificato.
Dei tre siti questo è senza dubbio il più antico. Infatti la sua posizione di avamposto rispetto al fondo valle e l’equidistanza rispetto agli altri due, che si trovano più all’interno verso le falde della montagna, fanno pensare ad una stretta correlazione fra di loro. Il colle del Castellone aveva tutti i requisiti per fungere da fortezza. Se si considera poi che gli altri due siti costituiscono con il primo i vertici di un triangolo, non v’è dubbio che si tratti di insediamenti perfettamente integrati, pur se con funzioni diverse.
L’edificio sacro (?) di Lavoratine
Il secondo sito si trova in località Lavoratine, alla distanza di 700-800 metri dal Castellone e ad una quota più alta di una sessantina di metri rispetto a quest’ultimo. L’ubicazione è a ridosso delle radici del monte delle Falconare, verso nord. Si tratta di 16 grandi massi ben squadrati, tredici dei quali sono sistemati a forma di recinto rettangolare mentre tre, allineati fra loro, si trovano ad una distanza di m14 dal recinto, e non si può determinare se siano da mettere in relazione con quest’ultimo. Il recinto ha un orientamento sud-est-nord-ovest. Il lato esposto a sud-est è lungo m 7 ed è formato da cinque massi ben allineati, due dei quali sono sovrapposti quasi a formare un gradino. Il lato esposto a sud-ovest è lungo m 6 ed è formato da quattro massi. Il lato esposto a nord-est si compone anch’esso di quattro massi, due dei quali, che sembrano essere rotolati verso l’esterno, sono i più lunghi di tutti. Il lato esposto a nord-ovest non presenta alcun masso, essendo il terreno leggermente acclive. Tutti e sedici i massi hanno la forma parallelepipeda, tranne due, i più lunghi (massi n.12 e n.13), i quali sono di forma lievemente troncopiramidale a base quadrangolare ed hanno le seguenti misure: lunghezza m 2,20; base maggiore m 0,70 x 0,65; base minore m 0,60 x 0,55. Le dimensioni degli altri quattordici massi differiscono tra loro (1) e le lunghezze sono le seguenti: masso n.1: m 0,95; masso n. 2: m 0,85; masso n.3: m1,65; masso n. 4: m 1,30; masso n. 5: m 0,80; masso n. 6: m 0,50; masso n. 7: m 0,50; masso n. 8: m 1,35; masso n. 9: m 0,85; masso n. 10: m 1,05; masso n. 11: m 2,10; masso n. 14: m 1,25; masso n. 15: m 0,60; masso n. 16: m2,00.
La grandezza dei massi e la loro forma, nonché la conformazione del recinto fanno pensare ad un edificio sacrale dedicato ad una qualche divinità venerata dal popolo degli Italici. Tutt’intorno al recinto, soprattutto verso nord-ovest, il terreno è cosparso di materiale fittile, segnatamente tegole battentate e frammenti di vasellame di vario spessore anche smaltati a vernice rossa e nera con porzioni di anse e orli. E’ il segno evidente che presso l’edificio sacrale vi fosse un insediamento umano, anche se di epoca più recente (2).
I manufatti della collina Cisterna
Il terzo sito si trova in località Cisterna, sempre a nord-est del centro abitato di Agosta, e si compone di due parti collegate fra di loro. La prima è costituita dalla presenza di nove massi squadrati, di dimensioni più ridotte rispetto a quelli delle Lavoratine, che sono sparsi qua e là sul culmine di una collinetta pietrosa. Quattro dei nove massi sono più grandi rispetto agli altri e misurano m 1,20 in lunghezza, con la base quadrangolare di m 0,60. Le dimensioni degli altri cinque variano da m 0,85 a m 0,60 in lunghezza e da m 0,70 x 0.60 a m 0,45 x 0,45 alla base. Tutti e nove i massi hanno tre delle quattro facce ben levigate e presentano piccoli incavi alle estremità. I quattro massi più grandi in una faccia presentano una risega profonda 10 cm e lunga 50 cm Data la grandezza di questi massi, si può supporre che essi siano, se non proprio coevi degli altri, della medesima epoca e che perciò i tre siti siano da mettere in relazione stretta fra di loro, anche se con funzioni diverse. In particolare, è da supporre che questa parte del sito della Cisterna possa essere riferita ad una costruzione monumentale, quale un mausoleo, o un edificio destinato alle riunioni di assemblee pubbliche. Nelle adiacenze, tra le pietre di una maceria, è stata rinvenuta una scheggia con scanalature appartenuta con ogni probabilità alle volute della veste di una statua; inoltre nei muri di una casetta di campagna diruta sono inglobati cocci di vario spessore e fogge diverse, che fanno pensare a resti di embrici, utilizzati nei tempi antichi per la copertura di qualche edificio.
La seconda parte del sito, poco distante a quota leggermente più bassa e verso ovest, consiste in un grande ipogeo. La costruzione a pianta rettangolare, con volta a sesto acuto, ha le seguenti dimensioni: lunghezza m 18, larghezza m 3, altezza fino alla imposta della volta m 3, altezza della volta m 0,50. Le pareti sono in opus incertum, che ingloba brecce di varia grandezza, le quali si alternano con sassi di forma piramidale a faccia quadrangolare, in parte ricoperti di colate di concrezioni calcaree. La volta, crollata per i due terzi verso ovest, sembra essere stata gettata con armatura di assi di legno disomogenee, di cui son ben visibili le impronte.
Il reperto fu sicuramente una conserva d’acqua risalente con molta probabilità all’epoca degli Equi e utilizzata anche dalla Tribus Aniensis, anche se l’assenza a monte di una qualche sorgente, o di un bacino imbrifero, porterebbero ad escluderlo. Tuttavia, avendo premesso che sul culmine della collinetta (3) esistevano costruzioni, si può concludere che il serbatoio poteva essere alimentato con le acque piovane raccolte dalle grondaie e incanalate fino all’imbocco della “cisterna”. Allo stato attuale del reperto non è possibile portare alla luce il foro d’uscita dell’acqua, data la grande mole dei detriti della volta crollata sul fondo del serbatoio, che aveva una capacità di 170.000 litri di acqua, e poteva servire non solo piccoli insediamenti umani esistenti in zona, ma anche essere utilizzato a scopo irriguo dei terreni coltivati posti a valle.
Circa la datazione del manufatto, si ritiene che esso risalga all’epoca degli Equi per una ragione precisa di natura architettonica attinente alla forma della volta, che è ad arco acuto, secondo lo stile degli Etruschi, coevi degli Equi. Se, infatti, fossero stati i Romani della Tribus Aniensis a realizzare l’opera, avrebbero sicuramente fatto uso dell’arco a tutto sesto. Precisato ciò, va detto che la “cisterna” fu costruita in epoca più recente rispetto all’utilizzo dei massi ed alla realizzazione dell’ipotetico mausoleo, o edificio adibito a riunioni.
1 – Per un rilievo completo del sito occorrerebbe uno scavo sistematico sotto la guida della Soprintendenza ai Beni Archeologici. Si precisa, comunque, che tutti i massi sono stati contraddistinti con numerazione progressiva disposti in senso antiorario. I massi rilevati negli anni 1983-84 erano soltanto dodici. Recentemente, a seguito d’una parziale bonifica del terreno, ne sono venuti alla luce altri quattro.
2 – Il sito fino al 1983 era considerato dai contadini del posto come un luogo misterioso, ove nei secoli passati erano stati sepolti tesori e bottini di guerra. Chi scrive lo ha visitato più volte sotto la guida del proprietario del fondo Mario Panimolle. Informata la Soprintendenza e con la collaborazione del sig. Marcello Orlandi, esperto di archeologia, è stato effettuato un rilievo empirico e sommario con la datazione dei massi e della loro funzione. Cfr G. Panimolle, Agosta, castello dell’Abbazia Sublacense, Roma, Corograf, 1986. La notizia del rinvenimento fu pubblicata anche da M. Orlandi, in Comunità Montana dell’Aniene, anno IV, n.2, febbraio 1986.
3- Il 28 marzo 2002, sulla collinetta, nelle adiacenze dei massi sono stati rinvenuti frammenti di embrici.