A. DEL SIGNORE, Intra Montes. Treba, Treba Augusta, Trevi nel Lazio, MMXXIII (15×21), pp. 180, s.i.p.
La definizione di antologia, che Adriano Del Signore attribuisce alla voluminosa opera, con la quale intende “rendere omaggio alla sua amata terra” è senz’altro riduttiva: sembrerebbe più giusto parlare di uno zibaldone in cui confluiscono idee, elucubrazioni, invocazioni, appunti, riflessioni e componimenti in forma poetica che rappresentano evidentemente il frutto di un lunghissimo lavorio mentale. Basta scorrere, d’altronde, l’indice del libro per cogliere la varietà degli argomenti trattati, che vanno, a titolo esemplificativo, da “Il nonno e il nipotino” a “San Leonardo” e da “La Cardellina” a “Padre Enrico Germani”. Questo per quel che concerne la prima parte intitolata “Intra Montes – Treba – Treba Augusta – Trevi nel Lazio”. Nella seconda parte la fantasia si libra oltre e i temi toccati in questa sezione dal titolo “Osservando gli avvenimenti, lieti e tristi, della quotidianità (introspezioni)” riguardano tra l’altro “La nonna delle mascherine”, “La strage di Capaci”, “I rifiuti solidi”, “Il re è nudo”, “I furbetti di Montecitorio”, “Sergio Mattarella”, “Ucraina” e così via.
Si tratta, come del resto dichiara lo stesso A., di un discorso forse mai interrotto nemmeno a distanza di anni, che Del Signore ha avviato e desidera continuare con i suoi concittadini per annullare la lontananza dal luogo natio. Infatti scrive: “C’è in molti figli, che hanno compiuto il salto territoriale, un duplice denominatore comune: il distacco, deciso per scelta esistenziale e il desiderio vivo, quasi patologico, del ritorno. Come tanti altri, anch’io ho patito la lontananza da Trevi nel Lazio. Per rimediare, quasi per scusarmi con la mia Città, ho scritto per Lei alcune poesie (gran parte già note) che, con questa pubblicazione, desidero farne dono (almeno idealmente) a tutti i Trebani (ovunque residenti), che non hanno avuto la possibilità di leggerle”.
Con questo intento, perciò, l’A. invia il suo articolato messaggio stampato alla città che sente far parte indissolubilmente del suo essere ed alla quale confida tutti i suoi pensieri. Un omaggio, quindi, a Trevi, alla quale nei momenti di nostalgia più acuta l’A. augura di “non rimanere nell’ombra … non ammutolire … guardare lontano … proiettarsi nel futuro … lanciare nuovamente il segnale antico, innalzando la propria bandiera, il remoto vessillo per accomunare nel passato, nel presente e nel futuro tutti i Trebani e tutto ciò che ha sapore di trebanità” (NiCa).