CERVARA DI ROMA: OLTRE L’ARTE, I CERVI E LE STELLE

Monti Simbruini- Cervara

di Artemio Tacchia

Non è solo il caldo afoso a tormentarci, a costringerci negli stretti spazi “ariacondizionati” dentro le nostre abitazioni, a spingerci all’interno di affollati e rumorosi parchi cittadini alla ricerca di refrigerio. È anche la nostra pigrizia, quell’inedia profonda che ci vince in estate e ci inibisce interessanti e piacevoli fughe sui monti vicini e tra i boschi silenziosi della valle dell’Aniene.

Se ce la facciamo ancora ad alzare le chiappe, Cervara di Roma è lì da oltre un millennio che ci aspetta per stupirci e confonderci con il suo carezzevole vento, le sue provocazioni artistiche, il suo assordante silenzio, le sue vedute mozzafiato, il suo affetto fraterno.

Questo piccolo borgo, uno tra i più belli d’Italia, è costruito tra le pieghe del roccioso monte Pellione a 1053 m slm e dista appena 40 Km da Tivoli, una settantina da Roma.

 

Pietra e pittori

«Cervara di Roma. Vive / solo, scolpito in cima / a una montagna di pietra. / È una scultura nel cielo, / che al cielo volerebbe / se l’aria la sostenesse […]». Così la cantò il grande poeta spagnolo Rafael Alberti quando era esule ad Anticoli Corrado (in “Disprezzo e meraviglia”, 1972 Editori Riuniti), definendola, poi, in un’altra poesia: «visionaria, / sogno di pietra, verso le pietre sale». Non sfuggì, a partire dal 1975, agli amministratori di questo paese l’importanza di tali versi, le potenzialità dirompenti che celavano quei richiami alla montagna, alla scultura, alla pietra, all’aria e al cielo. Il poeta combattente, che era fuggito dalla Spagna franchista, con la sua struggente nostalgia aveva indicato ai cervaroli – che non ha mai conosciuto – la materia che doveva servire per il loro sviluppo turistico e culturale: la pietra!

Così il borgo, in vent’anni, da un mucchio di casette che si sostenevano tra loro e assolutamente anonime, si è trasformato in una scultura globale, in un “museo all’aperto”, in un libro di poesie dalle pagine di calce bianca da leggere passeggiando per le sue strette viuzze. Un dedalo di stelle filanti, di saliscendi incoronati da archi antichi e moderni – come la recente “Porta del III Millennio”, intrigante opera monumentale all’inizio del paese realizzata dal maltese Gabriel Caruana – e accarezzati da portali e graziose finestre offerenti gerani e petunie a piene mani.

Alla memoria celebrativa del 1577 di Matteo Greco ai Colonna, infissa sulla parete in via S. Antonio 1, l’artista Vincenzo Bianchi e i suoi allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze provenienti da tutto il mondo hanno contrapposto pregevoli sculture raffiguranti il sogno di Icaro e animali-simbolo (colombe, gufi, serpenti) strappati alla roccia calcarea che sorregge la Rocca e che strapiomba sulla piazzetta-salotto abbellita da pregevoli affreschi (G. Ciotti) e bassorilievi in ceramica (F. Piscopo). Una sfida alla “pietra” che è durata decenni e che ha coinvolto tutti i lati della montagna, rigata e conquistata da ardite scalinate impreziosite da sculture, come la “Scalinata degli artisti”.

Già nei secoli passati artisti di fama erano saliti a dorso di mulo in paese (Richter, Hébert, Wellmann, Pinelli, Morse, Lear, Kokoschka, Hebborn – per citarne solo alcuni) per catturare luci particolari, asprezze, donne e panorami unici; ma solo in questi ultimi quarant’anni gli amministratori hanno avuto l’intuizione (e poi il coraggio) di chiedere agli artisti di fissare il loro genio direttamente sulle pareti delle case cervarole e trasformare il paese in un museo all’aperto, per il popolo e del popolo.

 

Museo, stelle e cervi

Tutto qua? No. Oltre ai monumenti “scontati” (Rocca e chiese), Cervara ci regala un interessante “Museo della Montagna: transumanti e pitturi” situato nei piccoli e “rencriccati” locali sottostanti la chiesa di S. Maria della Visitazione, con sezioni dedicate ai pastori, alla vita contadina, agli oggetti di culto e all’oreficeria (preziosi ex-voto della Madonna della Portella).

E, ancora, l’ambiente. La natura più prossima al paese – è vero – è stata piegata all’esigenze dell’uomo, in alcuni luoghi fortemente violentata (Campaegli), ma per la maggior parte è rimasta integra e fornisce al “Parco Naturale dei Monti Simbruini” ampie foreste, altopiani carsici, radure e montagne di indubbia bellezza da attraversare e godere camminando i percorsi naturalistici segnati dall’Ente Parco.

Siamo saliti recentemente (5 luglio) fin lassù per percorrerne a piedi uno: “Cervara – Ostello di Prataglia – Camerata Vecchia”, 16 Km (andata e ritorno) attraverso dislivelli che vanno dai 1077 m slm della Morra Corbara ai 1180 dell’altopiano di Prataglia, ai 1144 di Cesa Cotta (Camerata)  fino ai 1275 di Camerata Vecchia. Un itinerario di medio impegno, con i primi 3 Km fino all’Ostello di Prataglia abbastanza comodi (strada cementata) ma assolati, facili e ombreggiati gli altri 4 fino alla chiesa seicentesca di S. Maria delle Grazie, molto duro l’ultimo Km per ascendere ai ruderi dell’antica Camerata, distrutta da un incendio nel 1859. Cinque ore (pause comprese per raccogliere fragoline di bosco; fotografare fiori rari e panorami; osservare le mucche e i cavalli pascolare; girovagare tra i ruderi; rifocillarsi) attraverso faggete, prati, strette valli coperte da bosco ceduo misto (carpini, roverella, frassino) e noccioli che formano una suggestiva fresca galleria naturale. Un tratto di percorso, questo, che tra il 24 e il 26 luglio compiono anche varie Compagnie di pellegrini che si recano a piedi al santuario della Trinità di Vallepietra e che chiamano – i Rovianesi, ad esempio -  “Le Nocchiette”.

Ma è nel primo tratto che si incontrano alcune sorprese davvero piacevoli: l’Area faunistica del Cervo, dopo alcuni Km a sinistra, appena inizia l’altopiano di Prataglia, e l’Osservatorio astronomico, a nord-ovest, prossimo all’Ostello (Locanda dell’Orso).

Bisogna arrivare all’inizio del giorno e provvedersi di granturco o pezzi di mele per ammirare i cervi. Oppure essere fortunati – come lo siamo stati noi – e capitare proprio durante una visita di controllo che i guardiaparco compiono quotidianamente.

«La reintroduzione del cervo, scomparso più di cento anni fa dai Monti Simbruini, è un progetto dell’Ente – ci dichiara la guardiaparco intenta a monitorare i cervi con l’apposita strumentazione -. Il cervo infatti rappresenta uno degli elementi tipici della rete ecologica appenninica e il suo ritorno rientra negli interventi predisposti dall’Ente Parco nella strategia di conservazione dei grandi carnivori. Tutti i cervi sono stati marcati individualmente con marche auricolari e radiotrasmittenti. Riusciamo a seguire tutti gli spostamenti, pensi che un maschio arriva a spostarsi fino al Velino».

Appena la sentono fischiare, due femmine escono dalla boscaglia e si precipitano a mangiare il granturco; nascosti, al fresco, rimangono un maschio e altre due femmine. Questo piccolo nucleo, che vive in cattività all’interno di questa area recintata di tre ettari messa a disposizione dal Comune – che ha questo animale nel proprio stemma – e dai privati, è l’attrazione maggiore per le numerose scolaresche che vengono ad osservarli. Un altro centinaio di cervi, però, vive libero nel Parco.

Il progetto è stato elaborato nel 2004 e il primo rilascio di cervi, provenienti dalle foreste di Tarvisio, è stato effettuato nel febbraio del 2008. Altri rilasci, con animali di ambo i sessi e anche di femmine gravide provenienti pure dalle foreste del Casentino, sono stati effettuati periodicamente fino al 13 marzo 2009. In tutto sono stati 52 i cervi rilasciati nel Parco dei Simbruini, i quali si sono velocemente riprodotti fino a raggiungere il centinaio di oggi.

«Le operazioni di rilascio sono state realizzate dall’Ufficio Naturalistico del Parco in collaborazione con il Servizio Monitoraggio e Sorveglianza. Il monitoraggio dei cervi, che consiste in radiotelemetria ed osservazioni mirate, è curato da noi – precisa la gentilissima guardiaparco – . La reintroduzione del Cervo rappresenta un ulteriore arricchimento del patrimonio faunistico dell’area, anche considerando che il territorio del Parco dei Simbruini ospita il lupo. Il cervo, infatti, costituisce un importante elemento dello spettro alimentare della sua dieta. Di questo progetto sono contenti anche gli allevatori, che hanno visto diminuire gli attacchi dei lupi ai loro vitelli».

Attraversato il pianoro di Prataglia, stando alla larga dalla agitata mandria di mucche e dal branco di cavalli, si sale la piccola collinetta (1200 m slm) occupata dall’Ostello comunale – anticamente ricovero dei pastori ed oggi accogliente “Locanda dell’Orso” (ottima cucina, Bed&Breakfast, albergo) aperta un mese fa – e dall’Osservatorio astronomico, inaugurato nel luglio del 2008 e nuovamente reso accessibile al pubblico nel giugno di quest’anno. Lo gestisce l’Associazione ASTRIS di Roma. Lontano dall’inquinamento luminoso che acceca i cittadini di Tivoli e Roma, da qui si possono fotografare le stelle, osservare con il telescopio nebulose e galassie, giocare con gli anelli di Saturno. Ecco, per chi vuole fuggire il caldo e la noia, il calendario delle prossime visite: 31 luglio, 7-12-28 agosto dalle ore 17:00 alle ore 19:00 e, per l’osservazione con il cannocchiale, dalle ore 22:00 alle ore 24:00.

 

(Pubblicato su XL n. 14 del 15 luglio 2010)