IL COMPLESSO ABBAZIALE DI SAN GIORGIO PRESSO RIOFREDDO

 

di Gabriele Alessandri

 

Le più antiche testimonianze sulla chiesa di san Giorgio di Riofreddo, oggi ridotta ad un ammasso di rovine sommerse da una fitta vegetazione, risalgono al 1005 (1) e si possono trovare nel Regesto Sublacense (2). Della sua storia, nonché di quella del convento ad essa annesso, ne trattano poi numerosi autori. Nell’Ottocento: B. Sebastiani (3), A. Sebastiani (4) e Ypsilon (5); mentre nel Novecento: G. Presutti (6), A. Serafini (7), G. Silvestrelli (8), C. Nardoni (9), la locale scuola elementare (10) e R. Caffari (11). Anche su “Aequa”, a firma di Nicola Cariello è apparso nel n. 28 un dotto contributo dal titolo “Sulle origini della Chiesa di S. Giorgio di Riofreddo”. È della seconda metà del Novecento uno studio di Federico Hermanin (12) che, oltre a tracciare, anche se per sommi capi, la storia dell’intero complesso, ne ricostruisce in modo sistematico, alla luce dell’emergenze architettoniche allora assolutamente più leggibili di quelle odierne (13), i momenti costruttivi e le trasformazioni avvenute nel tempo. L’Hermanin, poi, per primo ci propone una

pianta in scala dell’intero impianto (14). Mentre una più puntuale ricostruzione, sempre in pianta, del complesso monastico è apparsa recentemente in una tesi di laurea presso la facoltà di Scienze Umanistiche

della “Sapienza” di Roma (15). Ma un contributo decisivo sull’impianto del complesso abbaziale di San

Giorgio (16), viene fuori da un documento da me rinvenuto nell’Archivio vescovile di Tivoli (17).

L’atto, che reca in calce il timbro della Comunità di Riofreddo e la firma di Giannicola Sebastiani, segretario della stessa, porta la data del 17 dicembre del 1797 ed è un elenco dei beni spettanti alla badia (18) con la stima degli stessi (19) e termina con la seguente descrizione della chiesa e del convento di S. Giorgio:

«Avanti la chiesa vi è una piazza contornata di muro e da questa si entra nella chiesa e nel convento. Conduce nella chiesa un androne della lunghezza di palmi 16 1/4 (20) e largo palmi 15 con sua porta. A mano sinistra vi è un campanile alto alla gotica con due campane una grande ed una mezzana. La chiesa è fatta a volta di camera canna ed è a due navate e nel luogo della terza vi sono tre cappelle laterali (21). È lunga palmi 88, larga palmi 43 non comprese le cappelle quali sono lunghe palmi 25 e larghe palmi 30 l’una. L’altare maggiore è elevato dal piano con due scalini ed è coperto al cielo di una cupola in quadro fatta di pietra e sostenuta da quattro colonne alla gotica. Dietro l’altare vi è il suo coretto fatto a semicircolo con suo seditore. Vi è la sua sagrestia con campanello, calice ed attrezzi per la S. Messa.

Nella detta piazza vi è un portone grande che conduce nel convento con suo androne lungo palmi 28 e largo palmi 13. A mano sinistra vi è una stanza. Poi viene unchiostro quadro formato a loggia con archi e finestre da tutti quattro i lati lungo palmi 80 e largo palmi 56.

Voltando a mano destra per il primo corridoio del chiostro si trova una sala grande con sua cucina dietro, da

questo passando al corridoio laterale vi sono quattro stanze, dal terzo corridoio principia altro lungo palmi 85 e largo palmi 52 con altre quattro stanze ed un camerino per ilmignano. A lato di questo corridoio vi è una porta grande che conduce all’orticino che è lungo palmi 95 e largo palmi 70. Vi è la sua cisterna ed unastanza ad uso di cantina. Sotto il chiostro vi sono i sotterranei grandi quanto è il convento stesso divisi in diverse stanze e cantine» (22).

Termino questa breve nota su San Giorgio col trascrivere parte di una lettera, datata 9 febbraio 1895, sempre tratta dall’Archivio vescovile di Tivoli (23), con la quale il Priore della Confraternita del SS. Sacramento e Rosario di Riofreddo, Giovanni Battista Calore (24), comunica al vescovo di Tivoli quello che poi fu l’ultimo atto della chiesa di San Giorgio:

«Contro la mia volontà vi annunzio che la antica chiesa di San Giorgio dopo poco tempo ricoperta (25) è venuta demolita dalle gran nevi ed acque (26) e così siamo restati pure senza quella memoria. Ieri mattina è cascata tutta. È un pianto a vederla. Perciò prego la S.V. di darmi un consiglio per sapere come si deve fare per tutti il legname ed altri oggetti che si potrebbero adunare e metterli in qualche posto per conservarli che finora nessuno se ne incarica. Solo è restato il semplicetempietto».

Ed al Priore si rispondeva a stretto giro di posta:

«Inviata lettera al Sindaco perché avvisi l’Abate e l’enfiteuta di San Giorgio perché provvedano, non aspettando alla Curia (27)».

1- Documenti precedenti che citano la chiesa di san Giorgio (Bolla di Niccolò I e donazione di Cesario Console) sono comunemente ritenuti spuri.

2- L. ALLODI E G.LEVI, Il Regesto Sublacense dell’undicesimo secolo, Roma 1885.

3- B. SEBASTIANI, Memorie principali della terra di Roviano, edizione a cura di M. Sciò, Pietrasecca di Carsoli 2001.

4- A. SEBASTIANI, Cenno storico sulla chiesa e sul monastero di San Giorgio di Riofreddo, fatto per suo promemoria dell’avvocato Antonio Sebastiani, Tivoli 1886. Idem, Replica dell’Avv. Antonio Sebastiani arciprete di Riofreddo alla Risposta d’Ypsilon sul Cenno storico di San Giorgio Martire, che ebbe ben due edizioni, la prima in Tivoli nel 1886 e la seconda in Montecassino nel 1888.

5- YPSILON, Risposta al libercolo dell’arciprete Sebastiani intitolato “Cenno Storico sulla Chiesa e Monastero di S. Giorgio in Riofreddo” fatto per suo pro-memoria, Roma 1886.

6- G. PRESUTTI, I Colonna di Riofreddo, in Archivio della Regia Società Romana di Storia Patria, XXV, Roma 1912.

7- A. SERAFINI, Torri Campanarie del Lazio, Roma 1927.

8- G. SILVESTRELLI, Città, castelli e terre della regione romana, ricerche di storia medioevale e moderna sino all’anno 1800, Città di Castello 1914.

9- C. NARDONI, Le Rovine della chiesa e del monastero di S. Giorgio presso Riofreddo, in Il Popolo di Roma, 24 luglio 1942.

10- La classe IV elementare del maestro A. Tacchia nell’autunno del 1980 condusse una ricerca dal titolo Sul monastero di S. Giorgio realizzando, poi, un giornalino monografico. Interessanti le descrizioni delle alunne durante i sopralluoghi, le notizie raccolte tra la gente e quelle relative a S. Giorgio e alla festa a Riofreddo.

11- R. CAFFARI, Appunti sull’antichissima Chiesa e Convento di S. Giorgio di Riofreddo (Roma), Roma 1981.

12- La Chiesa e il monastero di San Giorgio presso Riofreddo in Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia, vol. XXV-XXVI (1949-1950, 1950-1951).

13- L’Hermanin, al proposito, contesta alcune datazioni precedentemente proposte dal Presutti.

14- È la stessa che riporta poi il Caffari posizionandovi in più solo due delle cripte presenti.

15- P. ROSATI, Il monastero di San Giorgio come elemento del confine sublacense-tiburtino, Università “La Sapienza” di Roma, Facoltà di Scienze Umanistiche, anno accademico 2009-2010.

16- Soppresso da Urbano VIII l’Ordine degli Ambrosiani che officiava in S. Giorgio, la chiesa e il monastero passarono sotto la giurisdizione del vescovo di Tivoli e poi, con bolla di Innocenzo x, furono eretti in commenda ed uniti alla basilica romana di S. Pancrazio: primo abate commendatario fu il Cardinale Maidalchini. I beni e gli edifici dell’antica chiesa e del monastero furono poi dati in enfiteusi nel 1750 alla famiglia Roberti di Riofreddo.

17- ARCHIVIO VESCOVILE DI TIVOLI, Riofreddo b. 1.

18- Questi ultimi risultano costituiti da 28 appezzamenti di terreno in Riofreddo (vocaboli: Colle Raso, Valle Preola, Valle Gennaro, Vena Vezza, Pezza Ralla, Cesali, Vallocchie di San Giorgio, Casaletti, Faveto, Profeta, Prato Perrino, Valle delle Cerreta, Valle Bovi, Lo Spurgo, Ara della Croce, Campo, Fonte Pepe, Passo Giovannaccio, Passo Ricciolo, L’Antera,Vigne Vecchie, Albereto, Valle Orsina, Costa di San Giorgio, Valle Colle Finocchio) con una estensione complessiva di oltre 420 coppe di terreno (pari ad odierni ettari 42), di 3 appezzamenti di terreno in Oricola (vocaboli: Fonte Patera e Grottelle) per una estensione di circa 8 coppe, di un canone sopra un oliveto a Scarpa, su di un orto ad Arsoli, su una stalla con pagliaio e su di una cantina a Riofreddo; di un censo attivo con la famiglia Rota di Riofreddo e di 15 canoni su altrettante vigne sempre in territorio di Riofreddo.

19- A termine dell’elenco, Leonardo Riccardi e Agostino Bernardini “stimatori” che si dicono chiamati dall’arciprete di Riofreddo Giovanni Ramos «a stimare la sopradetta possidenza della venerabile abbadia di san Giorgio di Riofreddo» attestano di averla «ritrovata del valore di scudi cinquemila centoventidue e baj 17» e dichiarano che tale stima è stata da loro fatta «secondo la nostra arte, perizia, coscienza e come porta lo stile del luogo».

20- Il palmo nello Stato Pontificio era la decima parte di una canna architettonica che a sua volta corrispondeva a metri 2,234 (Cfr. G. GUIDI, Ragguaglio delle monete dei pesi e delle misure attualmente in uso negli stati italiani, Firenze 1855).

21- Una di queste era titolata a San Giovanni Battista, un’altra alla Beata Vergine del Monte Carmelo (così dalle visite pastorali del cardinale Marcello Santacroce, vescovo di Tivoli (1652-1674 ) fatte negli anni 1653 e 1659).

22- Dopo la descrizione dei beni spettanti all’abbazia e la descrizione della chiesa e del convento diSan Giorgio, il documento riporta la somma che l’enfiteuta doveva pagare annualmente, e cioè 116 scudi all’abate commendatario e 16 scudi al cappellano (cui spettava l’obbligo di celebrare la messa nei giorni festivi e di acquistare la cera che era uso dare ai coloni dei terreni il giorno della candelora). All’enfiteuta spettava pure il pagamento dei dazi privilegiati che si dovevano alla Comunità di Riofreddo e che ascendevano a scudi 8,46 circa, ai quali si dovevano aggiungere scudi 1,45 da pagare alla Comunità di Oricola per le Regie collette e scudi 7,04 per i dazi straordinari alla medesima Comunità di Oricola e infine oltre a «qualunque altro dazio sì Camerale che Reggio che possa essere imposto sulla medesima possidenza» egli era «obbligato alla manutenzione della fabbrica sì della Chiesa che del convento».

23- ARCHIVIO VESVOVILE DI TIVOLI, Riofreddo b. 1.

24- La parrocchia di Riofreddo era priva del parroco. L’ultimo, Antonio Sebastiani, era morto il 29 settembre del 1894 e non era stato ancora sostituito.

25- Nel 1888 per iniziativa dell’arciprete di Riofredddo, don Antonio Sebastiani, e grazie ad oblazioni del popolo, in natura e in denaro, vennero eseguiti molti restauri tra i quali fu rifatto completamente tutto il tetto.

26- In un’altra occasione si avanza anche l’ipotesi che il crollo fosse stato causato da «una scossa di terremoto ó per la fiacchezza delli muri».

27- Così nella traccia della risposta, scritta sul retro della lettera del Calore.