di Giacomo Orlandi
Le prime comunità cristiane studiarono con cautela e con grande riserbo la raffigurazione del mistero della SS.ma Trinità per timore di scivolare nel panteismo o in facili eresie. Si fermarono principalmente alla contemplazione, all’adorazione del grande Mistero. Le prime rappresentazioni furono molto semplici: una mano tra le nubi del cielo, la persona del Padre; nell’agnello immolato, la persona del Figlio e la colomba nella persona dello Spirito Santo. Intorno alla fine del secolo XI o prima metà del XII secolo nacquero altre forme con sembianze umane, come quella del santuario di Vallepietra sul monte Au- tore: tre persone uguali e distinte. In questa figurazione sono palesi l’uguaglianza e la distinzione delle persone, ma ne è assente l’unità. In seguito si ebbe la raffigurazione verticale del Padre, che sorregge il Figlio sulla croce, e la colomba nel mezzo (1). È singolare e per certi aspetti ardita la raffigurazione che si trova a Roiate in una chiesetta di età indecifrabile, nascosta tra le rocce, sulla cresta del monte detto “Santa Maria La Serra”. La Serra (2) si riferisce al valico che a mezza vosta del monte, a oriente, sbuca in una pianura dell’aia di Comasello (3). Era il passo più importante che metteva in comunicazione i popoli Equi della valle dell’Aniene con i popoli Volsci della valle del Sacco.
L’antropologo Di Nola a Roiate
Il popolo di Roiate, che devotamente si reca in pellegrinaggio a questa chiesetta dedicata alla SS.ma Trinità, si esprime dicendo: «Andiamo alla Madonna della SS.ma Trinità». Sembra un’eresia, ma non lo è. A questa devozione del popolo si interessò l’antropologo e storico delle religioni Alfonso Maria Di Nola, che, tra le altre cose, ha profondamente studiato il culto di S. Domenico di Cocullo e il rapporto con i “serpari”. Era incuriosito dall’interpretazione che si dava al fatto che il popolo cristiano concepiva la Trinità come una divinità femminile, confusa con la Madonna o con la “Mater Matuta” dei popoli pre-romani (4). Egli venne a Roiate per avere la conferma alle sue ricerche (5) ma si imbatté con la leggerezza del parroco del tempo.
In passato le processioni verso la chiesetta erano precedute da uno stendardo con la rappresentazione della Trinità di Vallepietra. Il parroco in una vecchia cornice dorata con raggiera, che in passato era servita a portare in processione l’immagine della Madonna delle Grazie, aveva fatto inserire l’icona della Trinità di Vallepietra per portarla in processione, tenendola poi esposta nella chiesa parrocchiale per diversi giorni. Nella parte bassa di quella cornice era rimasta in rilievo la scritta «Ave Maria», che il parroco non provvide a rimuovere. Il Di Nola, dopo avere interpellato persone del popolo e dopo aver notato che i fedeli di Roiate, durante il pellegrinaggio verso la chiesetta non recitavano né il rosario, né l’ave Maria, ma solo il credo, il gloria e cantavano alle tre persone divine, dovette convincersi e, dopo che dal sottoscritto ebbe la corretta interpretazione del più antico dipinto esistente in quella chiesetta, si astenne dall’usare la pratica devozionale del popolo roiatese come una prova a sostegno delle teorie che volevano la Trinità concepita come divinità femminile, arrivando alle stesse conclusioni anche per Vallepietra (6).
Il “vero” dipinto della Trinità nella chiesetta di S. Maria La Serra
La rappresentazione della Trinità della chiesetta di Roiate non è il dipinto che si trova nella parete di fondo, che è uno dei tanti affreschi derivati della rappresentazione di Vallepietra, anche se, bisogna riconoscere che quella immagine, nella sua ieratica maestà, suscita nei credenti una intensa contemplazione del Mistero (7). La vera raffigurazione della Trinità di Roiate si trova nella nicchia sopra l’altare. È un dipinto che, nello stile, ricorda gli affreschi delle chiese rupestri. Vi è rappresentata anche Maria. Il dipinto, purtroppo, è molto deteriorato per l’incuria e l’insipienza dei devoti che, nel tempo, hanno fissato la loro attenzione e devozione solo sull’immagine più recente delle tre persone divine e hanno trascurato, perdendone anche il significato, il dipinto della nicchia che è stato rovinato dalle candele accese dalla pietà dei fedeli.
In quel dipinto tuttora è riconoscibile la figura di Dio Padre con una lunga barba bianca e con una mano alzata sul capo della Vergine in preghiera con le mani giunte. Quella mano elevata sul capo della Vergine sta a significare l’azione vivificante dello Spirito Santo. Dal vangelo secondo Luca: «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della
G a l i l e a , chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Guseppe. La vergi- ne si chiamava Maria. Entrando da lei disse, “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere Maria, p e r c h é h a i t r o v a t o g r a z i a presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile ? N o n c o n o s c o u o m o ” . L’angelo le rispose: “lo Spirito Santo scenderà su di te; su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato figlio di Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” » ( Lc I,39-45). Nel dipinto la Vergine mostra evidenti i segni esterni della maternità divina, resi più palesi dal colore rosso della veste. «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare tra noi (Gv I, 14). Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Con il tempo il dipinto è stato confuso con l’incoronazione di Maria SS. ma Assunta in Cielo. Ma in quella raffigurazione Dio Padre non ha in mano la corona per incoronare la Vergine. Manca la figura del Figlio risorto e asceso al cielo. Il Figlio è nel grembo della Vergine. Lo Spirito Santo in forma di colomba, deteriorata dal tempo, è nel mezzo. È una raffigurazione teologicamente corretta. Con i suoi significati evoca la devozione alla Madonna del Divino Amore e mirabilmente ci ricorda il sommo poeta che con sublimi accenti si rivolge alla Madonna del Divino Amore, alla Madonna della SS.ma Trinità: «Vergine madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura / termine fisso d’eterno consiglio, / tu sei colei che l’umana natura / nobili tasti sì, che il suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura. / Nel ventre tuo si raccese l’amore / per lo cui caldo nell’eterna pace / così è germinato questo fiore ».
C’è qui tutta la SS.ma Trinità: il Padre, termine fisso di eterno consiglio; il Figlio, figlia del tuo figlio; lo Spirito Santo, nel ventre tuo si raccese l’amore. Ecco, questa è la Trinità e questo è l’ardito messaggio che viene a noi dalla piccola, antica chiesa di Roiate, nascosta tra le rocce sulla cresta del bellissimo monte “Santa Maria La Serra”. ❖
1- Mirabile di questa rappresentazione è il dipinto, attribuito a Guido Reni; si trova a Marino (Rm) come pala dell’altare della chiesa parrocchiale della SS.ma Trinità.
2- La Serra: stretto sentiero tra i monti; valico.
3- Aia di Comasello. Dialettale: «l’ara di Commaségljo». Cfr. REGESTO SUBLACENSE: Comaselli (p. 245, Doc. n. 204) citata come terra confinante con le donazioni che i fratelli Giovanni e Frodalda, abitanti di Roiate, fecero al monastero di Subiaco. È un pianoro dove veniva battuto il grano. Bellissima la stampa di Edward Lear che raffigura la trita del grano.
4- Cfr. A. BRELICH, Un culto preistorico vivente nell’Italia Centrale. Saggio storico-religioso sul pellegrinaggio alla SS. Trinità sul Monte Autore, pp. 71-101, in D. CARPITELLA, Folklore e analisi differen- ziale di cultura. Materiali per lo studio delle tradizioni popolari, 1976, Bulzoni Editore Roma.
5- Non è da escludere che a condurre il Di Nola a Roiate sia stata la curiosità derivata, forse, dal libro di BENEDETTO BOVI, maestro elementare. Il libro pubblicato nel 1979 si intitola: Roiate. Ambiente-tradizioni-folklore-religione-storia-dialetto. È una monografia, a mio avviso, disseminata di imprecisioni, di bizzarre notizie, di considerazioni che riguardano date, personaggi e fatti, alterati e distorti. Tra le tante opinioni è singolare l’accostamento della fede cristiana riguardante la Trinità con il paganesimo. Egli ritiene che la fede cristiana nel mistero rivelato del Dio Uno e Trino derivi e sia conseguente dal culto delle deità femminili del paganesimo. Queste le sue testuali parole alle pp. 90-93 del libro, dove parla della Cappella della SS. Trinità: «Ma prima ancora dell’età romana, per le genti degli Equi esi- steva il culto della Grande Dea: Magna Mater o Mater Matuta. Divinità della creazione, della vita e della morte di ogni essere vivente. Culto proprio di tutti i popoli italici della seconda venuta, che avevano accolto la concezione di divinità maggiori, riunite in triadi, venerate dai preesistenti popoli mediterranei. Il culto infatti di questa divinità femminile, si ritrovava in tutto il Lazio centrale rappresentato in templi-oracoli famosi, che ancor oggi si possono osservare. Basti pensare a quello della “Dea Feronia” sotto la Morra Ferogna, vicino la grotta di S. Cleridonia sulla montagna di Subiaco e sul monte Soratte. Al tempio di “Giunone Gabina” nell’area dell’antico Gabio in territorio di Zagarolo, presso Osa sulla via Prenestina. E a quello più grande e famoso della “Dea Fortuna Primigenia” a Palestrina. Senza poi enumerare tanti altri preesistenti nella valle del Sacco alla “Dea Mefiti”; nella zona pontina alla “Dea Circe” sul Circeo; o quelli sparsi per tutto l’Agro Romano, alla “Dea Giuturna”, “Pomona”, “Flora”, “Diana Nemorense” e alla “Ninfa Egeria”». Egli continua in modo più esplicito scrivendo:
«Dopo l’avvento del cristianesimo, naturalmente su questa credenza della Magna Mater, s’innesta ad opera degli eremiti e dei monaci Basiliani, che numerosi vissero nella valle dell’Aniene prima e dopo la venuta di S. Benedetto, il culto cristiano del “Dio Uno e Trino” che rappresenta ugualmente la creazione con il Padre, la vita con il Figlio e la riunione a Dio, con lo Spirito Santo. Anche il nome del monte dedicato alla Magna Mater o Ferronia fu trasformato in quello di Serronia poi S. Maria la Serra; e qui l’evidente assonanza non può essere puramente casuale, tenendo presente anche il fatto o il ricordo che si riscontra presso la nostra gente, la quale spesso considera o confonde questa SS. ma Trinità con la Madonna. Infatti ancora oggi le generazioni più anziane di Roiate e dei paesi vicini, quando si recano lassù dicono di andare a pregare la Madonna. Altrettanto si riscontra presso i pellegrini che vanno al Santuario omonimo di Vallepietra». Perché omette di precisare: «Madonna della SS.ma Trinità?».
6- Cfr. A. M. DI NOLA – O. GROSSI, Memoria di una festa. Vallepietra nelle fotografie di Luciano Morpurgo, 1980, Edizioni Quasar. Scrive, infatti, il Di Nola a p. 36: «La festa di Vallepietra, nel suo intricato cerimoniale, non sembra possa essere interpretata come ricostruzione cristiana di un antico cerimoniale pagano […]. Si è detto che la Trinità è concepita come una divinità femminile poiché i peregrini, riferendosi all’immagine, la chiamano “la madonna”: ma questo è un termine corrente, in tutti i dialetti popolari, per designare un’immaginetta».
7- È un dipinto databile al secolo XVIII, di autore ignoto. È stato ampiamente restaurato nel 1938 dal pittore sublacense Benedetto Tozzi per incarico del parroco don Luigi Marocchini.