L’ANTICA “VARIA”, S. COSIMATO, IL TEMPIETTO DI S. GIACOMO E LA VILLA DI ORAZIO A LICENZA IN UNA “CONFERENZA ITINERANTE” DI BEATRICE KLAKOWICZ: l’Oriente e l’Occidente si incontrano nella Valle dell’Aniene
Diamo una rapida anticipazione dei contenuti della “conferenza itinerante” svolta dalla Prof. Beatrice Klakowicz – studiosa di origine polacca – su alcune nuove prospettive circa le realtà storiche legate a Vicovaro.
“Varia” – Vicovaro
E’ antichissima e registra due cinte murarie, di cui quella più interna, inespugnabile rifugio in extremis. Questa soluzione difensiva è presente in Grecia nel 2.500 a. C, portata dagli invasori “Proto-Achei”. Si può ipotizzare che un nucleo di questi invasori abbia risalito la penisola appenninica, fino a Vicovaro! Mancano – è vero – finora altre tracce archeologiche…
Dopo la Guerra Sociale “Varia” venne incorporata nell’Imperium Romanum e abitata da Equi e Sabini riuniti nella “Tribù Camilla”.
Seguono le vicende medievali. Nel 1503, “Vicovaro” resistette all’assedio del Valentino. Cadde nel 1556 sotto il Duca d’Alba. Divenne feudo degli Orsini, poi dei Bolognetti e dei Cenci (divenuti Cenci-Bolognetti). Intanto Licenza era stata venduta ai Borghese.
La nuova suggestione è legata all’origine della doppia fortificazione in età arcaica.
Il Tempio “ottagonale” di S. Giacomo
E’ una chiesetta straordinariamente bella e importante. Costruita dagli Orsini dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, è ricca di simboli. Il più importante è: otto lati come l’ “octava dies”, la Gerusalemme Celeste, la Gloria finale.
Il progetto e primi lavori furono realizzati da Giovanni di Capodistria (che morì a Vicovaro). L’opera fu terminata da Giovanni Dalmata, che costruì il tetto nello stile delle chiese, anche ortodosse, dei Balcani (come ad Ocrìda). Si tratta di una testimonianza in Occidente della cultura – non solo architettonica – di artefici di cultura bizantina. Sugli spigoli ci sono statue di santi. Se le sette punte della Haghia Sophia di Benevento simboleggiano i doni dello Spirito Santo, gli otto santi sugli angoli di San Giacomo a Vicovaro indicano il progressivo estendersi del Regno di Dio su tutto il creato fino alla definitiva discesa della Gerusalemme celeste. Sul portale, la Vergine in trono col Bambino è ispirata al celebre modello di Costantinopoli.
Il Tempietto di S. Giacomo risulta una chiesa che, nei pressi di Roma, è legata alla speranza di rinascita dell’Oriente Cristiano.
L’ antichissimo monastero a S. Cosimato
Benedetto, giovane, ma non giovanissimo (come ritiene la tradizione), passando per Affile, si ritirò nella celebre Grotta ai fianchi del Monte Taleo.
A Vicovaro, una comunità monastica sorta per imitazione del monachesimo dell’Oriente cristiano, chiamò Benedetto per farlo Abate. Fino ad allora erano note in Occidente le ventiquattro “Conlationes”- con commento, di Cassiano, ispirate al primo monachesimo egiziano.
Tra quella comunità e Benedetto si manifestò un grave contrasto. Quell’apparente insuccesso fu provvidenziale. E così Benedetto tornò a Subiaco e fondò i dodici monasteri cenobitici, a partire dal primo monastero, da lui realizzato dentro le antiche strutture della Villa di Nerone. Forse Benedetto per un certo tempo ritenne che quelle fossero resti della Villa di Orazio…
Comunque a S. Cosimato ebbe conoscenza della Villa di Orazio, una classica villa rurale romana, modello ispiratore dell’architettura monastica.
A Subiaco, secondo la Klakowicz, Benedetto scrisse e attuò la Regola nota come Regula Magistri. Poi, a Montecassino scrisse in forma definitiva la REGULA, nota universalmente come Regula Benedicti. In questa doppia redazione, dei due celebri testi, consiste la nuova prospettiva di Beatrice Klakowicz. Farà discutere?
In realtà, sulla rivista AEQUA (n. 14/2003, n. 18/2004 e n. 22/2005) Bernardino Ciocari ha più volte discusso sopra i due testi della Regola, garbatamente contestando p. A. De Vogué.
La villa di Orazio a Licenza
A Digentia Orazio ebbe nel 33-32 in regalo da Mecenate la sua ” villa sabina”.
Venire qui gli fu utile alla salute del corpo e dello spirito. C’erano dodici stanze, le terme, la palestra e una piccola tenuta agricola. Tra questi ruderi si è indotti a far rivivere l’animo dell’uomo e del poeta latino, il cui ideale del “carpe diem”, contrariamente a quello che si crede, va interpretato nel senso dell’equilibrio, sobrietà, dell’accontentarsi senza affannarsi troppo. Queste virtù vennero apprezzate anche dai Cristiani, che conservarono e conobbero tutte le opere del Venosino. S. Benedetto ebbe queste conoscenze e suggestioni, che non dimenticherà nella sua opera a Subiaco e a Montecassino e nelle due Regulae.
La villa passò ad Augusto, poi ad Antonia, nonna di Nerone, e quindi allo stesso Imperatore, che costruì anche il Sublaqueum. La villa, appunto, in cui, Benedetto “ricavò” il suo primo monastero ispirato alla solitudine orante del monachesimo orientale, temperato dall’ascetica del lavoro, inteso non solo come mezzo per la vita e le necessità dei monaci e per la carità, ma anche per collaborare con l’opera del Creatore.
(A cura di Giuseppe Cicolini)