NOTIZIE SU CIVITA DI ORICOLA E L’ANTICA CITTA’ DI “CARSIOLI”

NOTIZIE SU CIVITA DI ORICOLA E  L’ANTICA CITTA’ DI “CARSIOLI”

di Sergio Maialetti

Il sito dell’antica città di Carsioli o Carseoli fu individuato il 12 maggio del 1645 nell’attuale Civita di Oricola dal famoso cartografo Lukas Holstenius (1595 – 1661). Una trentina d’anni dopo, nel 1680, il topografo Raphaele  Fabretto (o Fabretti), interessandosi delle acque e degli acquedotti romani, segnò sulla carta i Rudera Carseolorum. In un’altra carta del 1693, Giacomo Filippo Ameti parla di Vestigia di Carseoli. Ma la segnalazione più importante dell’antica città, l’ha lasciata l’abate Diego De Revillas nella sua Carta della Diocesi dei Marsi eseguita nel 1735. Qui, in alto a destra, il topografo riporta il disegno di alcuni ruderi che ebbe modo di vedere nella zona più alta di Carsioli. L’abate Revillas è stato il primo geografo che in Italia abbia posto determinazioni trigonometriche alla base dei suoi lavori cartografici.
Altre notizie riguardanti Carsioli, pure se frammentarie, ci vengono fornite da vari scrittori latini, tra i quali l’illustre poeta Publio Ovidio Nasone (43 a.C. – 17 o 18 d.C.). Ne I Fasti egli cita Carsioli sottolineandone il clima rigido e il territorio non adatto alla coltivazione dell’ulivo, ma a quella del grano. In altri versi descrive le verdi malve e i candidi funghi che si potevano raccogliere in questa zona, nonché la nota leggenda della volpe carseolana, affermando che, dopo questo fatto, “a Carsoli, per legge, è vietato nominare la volpe”(1). La tradizione popolare, invece, racconta che ogni volpe catturata doveva essere arsa viva.
Molti studiosi chiamano, erroneamente, l’antica città con il nome di Carseoli invece che Carsioli, come al contrario appare nell’epigrafe rinvenuta a Civita all’inizio del XVII secolo (C.I.L. IX, n. 4067) e che si può leggere nel resoconto di Sir R. Colt Hoare  (vedi Documenti). Da altre iscrizioni, provenienti da Civita e dintorni, riportate nel C.I.L. IX, si apprende la presenza di falegnami e boscaioli per lo sfruttamento delle vicine foreste, Sesera compresa.
L’abitato di Civita è situato su di un altopiano dai contorni profondamente corrosi che si allunga irregolarmente in direzione nord, separando nettamente il bosco Sesera dalla Piana del Cavaliere. Il primo vero studio di questa area archeologica fu quello eseguito dai due illustri studiosi G. J. Pfeiffer e T. Ashby che visitarono questo territorio nel gennaio del 1901. I due fecero un’accurata ricognizione della zona di Civita, individuando i resti visibili in superficie di antiche strutture pertinenti al centro urbano, alla cinta muraria e al basamento di un presunto tempio. Quattro anni dopo pubblicarono in “Supplementary Papers of the American School of Classical Studies in Rome” i risultati della ricerca.
Attualmente sono visibili nella zona più alta, in direzione nord, ruderi consistenti in pochi avanzi di costruzioni in opus incertum e in un arco composto da sette conci in tufo uniti senza malta, già segnalato nel 1881 dall’erudito locale Giacinto De Vecchi Pieralice (2). Resti di un antico acquedotto, già notato dal Promis, si trovano in località “Muro Pertuso”, ad ovest oltre il bosco di Sesera su quel confine tra le provincie di Roma e L’Aquila che in passato divideva  lo Stato Pontificio dal Regno delle due Sicilie. I ruderi di questa antica struttura affiorano in prossimità del Fosso Sesera e proseguono seminterrati per un centinaio di metri fino a sparire sotto la strada asfaltata che collega il bivio di Riofreddo alla Statale Turanense.
Carsioli, dunque, era una città di sicura origine equa, situata in una posizione strategica all’imbocco della Piana del Cavaliere. Dopo la conquista romana, intorno al 298 a. C. venne occupata da 4.000 coloni. Qui passava la via Valeria, della quale in contrada “Nasetta” si può osservare ancora il miliare XXXXIII, citato da Ashby. Il Gori  (3) così lo trascrive:

XXXXIII
IMP. NE…
CAESAR AV…
PONTIFEX MAX…
TRIBVNICIA
POTESTATE COS III
PATER PATRIAE
FACIENDAM CVRAVIT
L’iscrizione è oggi illegibile, corrosa dagli agenti atmosferici.
Durante la sanguinosa “guerra sociale” Carsioli subì una nuova distruzione. Ricostruita nuovamente, dovette assumere la condizione di Municipio iscritto nella “Tribù Aniensis”, facente parte della IV Regione. Nel Medioevo, l’antica città romana ancora risulta abitata. Infatti in un documento relativo ad una investitura di Ugo e Lotario re d’Italia del 25.6.941 la chiamano “Sala” (4) e in un atto di conferma dei beni di papa Pasquale II del 1115 è detta “sala civitas quae vocatur Carseolis”. Agli inizi del 1800, l’antica città era conosciuta semplicemente come “Civita Carentia”.
In questi ultimi anni, gli studi su Carsioli sono progrediti. Ad ovest, nella contrada “Valli Santi Pietre”, e nella Piazza di Civita, che nel secolo scorso si chiamava “Piazza Santa Maria de Civita”, sono state individuate due interessanti zone archeologiche, oggetto nel 1989 di una campagna di scavo da parte della Soprintendenza. Sul lato est del supposto centro urbano, cioè nella contrada denominata “Torre degli asini”, si notano ancora i resti, in parte ricoperti da un casolare, di un basamento di un tempio composto da grandi blocchi squadrati di pietra calcare locale. Secondo gli ultimi studi della Soprintendenza, inoltre, pare che la porta d’ingresso della città fosse situata a sud, dove oggi si trova il fontanile. Questa area, in alcuni vecchi documenti catastali del comune di Oricola, è infatti denominata “Porta de Civita”. Nel 1995, durante i lavori per la realizzazione della rete fognaria, a breve distanza da questo fontanile-lavatoio è stato rinvenuto un pavimento musivo con tessere bianche e nere ben conservato.

Documenti

Epigrafe segnalata dal Garucci e rinvenuta a Civita, antica Carsioli, nel 1859 (C. I. L. IX, n. 4060). C. Stevenson, tra il 1878 e il 1879, la vide nel castello dei Massimo ad Arsoli. Ancora oggi si trova lungo uno dei viottoli che conduce alla sommità del boschetto. E’ in pietra di calcare locale e appare molto danneggiata.
M –PETRONIO – M
ANN – X X I I
HIC SEPULT
L – PETRONIUS
M – F – FRATER
COH – VI – PR – POS

Iscrizione segnalata nel 1859, proveniente da un ponte carseolano, forse  in località “Ponte rotto”.  C. I. L. IX, n. 4061. Si tratta della parte sinistra di un blocco in pietra calcare locale. Attualmente si trova nel Museo nazionale dell’Aquila.
M – ANNEIUS – Q – F – ANI
POSTUMUS – AUGU…

Iscrizione rinvenuta a Civita nel 1879 da G. De Vecchi Pieralice. C. I. L. IX, n. 4068. Attualmente è irreperibile.
RUFO – H
(disegno di corona)
AG – MARTI

Descrizione della zona di Carseoli da parte del viaggiatore inglese Sir  Richard  Colt  Hoare, nel maggio 1791, tratta dal volume: Viaggio classico attraverso l’Italia, Londra 1819:
“ La pianura di Carsoli è estesa, verde e ben coltivata, ravvivata da numerosi paesi, sparsi sulle alture circostanti. Ho fatto una diversione dalla strada principale a destra, per esaminare le rovine dell’antica Carsioli, il cui sito oggi è ricoperto da vigneti. Tuttavia ho visto una parte di mura costruite con enormi blocchi di pietra: il pavimento di una parte della via romana, contiene ancora oggi tracce di ruote di carri. Ho visto anche il frammento di un acquedotto e resti di un pavimento rozzamente tassellato.
Mi sono dispiaciuto dei danni fatti ad un fine piedistallo in mezzo a una vigna, (C.I.L. IX, n. 4052) esso era ornato di un bassorilievo rappresentate un sacrificio con tre figure (personaggi) e una vittima (bue) davanti all’altare. Nel retro di esso c’era un ramo d’ulivo, negli altri due lati c’erano una patera e un vaso o una coppa con scolpito un maiale. Il piedistallo portava un’iscrizione in lettere finemente incise, ma ora ridotte solo a “SACR…” in modo che nessuna indicazione rimane a quale divinità questo altare fosse originariamente dedicato.
Ho raggiunto di nuovo la strada grande presso l’Osteria al cavaliere, dove si conserva un piedistallo (C.I.L. IX, n. 4067) con la seguente iscrizione, in buona conservazione:
M. METILIO – SVCCES
SO – M. METILI – REPEN
TINI – PATRONI – COLO
NIAE – FILIO – PATRO
NO – ORDINIS – AVGVS
TALIVM – MARTINOR.
COLLEGIVM – DENDRO
PHORVM – CARSIOLA
NORVM – PATRONO
OB – MERITA – EIVS
L. D. D. D.  (5)

Brano tratto dall’opera dell’ingegnere Carlo Promis: Le antichità di Alba Fucense negli Equi, Roma 1836:
“ Quest’antica città è situata sulle ultime fimbrie del monte di Poggio Ginolfo e domina la pianura Carseolana di forma quasi circolare, di circa sei miglia di diametro, fertilissima benché ora insalubre: questa dicesi ora Piano del Cavaliere, e l’antica Carseoli porta il nome di Civita Carenza…Le sue rovine sono scarse benché occupino una vasta superficie: consistono in vari pezzi di recinto di quell’opera poligonia che dicesi di terzo stile, in un acquedotto sotto il monte, detto Muro Pertuso, in una strada selciata, che per la sua direzione può essere stata la Valeria, ed in molti cunicoli con lucernari, o pozzi ma quasi affatto ostrutti; la coltivazione vi fece sparire quasi tutte le fabbriche sacre e civili…frequentemente vi si trovano medaglie, frammenti di statue, cornici ed ornamenti in marmo e bronzo, come pure vari tubi di piombo…”

6-  Lettera del Regio Ispettore degli scavi e monumenti nel Carsiolano, Giacinto De Vecchi Pieralice del 2.6.1881 a sua Eccellenza il Sig. Commendatore e Senatore Roma, Ministero della Pubblica Istruzione:
“Scavi in Carseoli, conservazione di alcune antichità nella Chiesa di Rocca di Botte. Nel tempio di Apollo in Carseoli, testè scoperto, ho trovato la favissa. E’ nella mia opinione che colà dentro vi siano oggetti gittati, onde salvarli, nel giorno della espugnazione e rovina di questa città. Desidero inoltre tener dietro ad una linea di mura ciclopiche, delle quali si è scoperta porzione a causa      di una frana, e (ciò che più mi interessa) nello scoscendersi del terreno si è mostrato l’Arco di una porta. Chiedo quindi un sussidio minore di £ 500 onde procedere all’opera, alla quale attenderò nella buona speranza di essere utile all’Archeologia ed alla storia. Rammento del pari alla E. V. che si degni ordinarmi ciò, che crede opportuno per l’interessante Pulpito a mosaico nella Chiesa semidiruta di Rocca di Botte. Esposto da quattro anni al nudo cielo, va a perdersi un lavoro di pregiata antichità, e, se vuolsi, di qualche originalità. O trasportarlo in Roma, poiché L’Aquila è troppo lontana da noi, ovvero garantirlo con opportuno riparo. Sia qualunque delle due la determinazione; ma sia sollecita. Io mi lusingo che avrà la bontà di favellarne con S. E. il signor Ministro, alla devota intelligenza del Quale faccio ossequio perché assecondi le mie preghiere e risparmi al cuor mio lo strazio del dover assistere ogni giorno (senza poter far nulla per impedirla), alla rovina quotidiana che gli uomini e le intemperie dell’aria mi van facendo nel Carsiolano.
La prego di gradire i miei ossequi e credermi
Suo Dev.mo Obb.mo sempre
Giacinto De Vecchi Pieralice

1 – m. eboli, Carsoli e il suo territorio nella storia medioevale della Marsica, pp. 22-23, Roma.
2 – De Vecchi Pieralice era un valente studioso di antichità carseolane e un avido raccoglitore di reperti archeologici che conservava nella sua residenza, il Palazzo Rostagno, di Oricola. Fu autore di scritti, anche in versi: L’ombra di Ovidio tra le rovine di Carsoli, Subiaco, 1881.
3 – F. Gori, Da Roma a Tivoli e Subiaco…nuova guida storica, artistica, geologica ed antiquaria, Roma, 1855.
4 – A. Carucci (a cura di), Chronicon Sublacense, Subiaco, 1991, p. 79.
5 – Attualmente si conserva nel parco della villa-castello dei principi Massimo a Arsoli, lungo il viottolo che dal giardino conduce al boschetto. Si tratta di un cippo di pietra calcare locale, il tronco ospita frontalmente lo specchio epigrafo leggermente ribassato e rinchiuso da una bella cornice. L’altro  “piedistallo” descritto da R. Colt Hoare si trova, attualmente, nel giardino della villa di  Ricciotti Garibaldi a Riofreddo, ed è prossimo a finire nel Museo delle Culture che presto verrà inaugurato nello stesso edificio. Si tratta di un’ara sacrificale e lo stato di conservazione del tufo è precario. Nella scheda del C.I.L. si legge che è stata rinvenuta tra i ruderi carsiolani , in un luogo detto “La Fonte de Civita”, in una vigna di proprietà di Antonio Ferrari di Oricola.