Camerata Nuova- C’è attesa a Camerata Nuova da parte della popolazione per domenica 17 gennaio, non tanto per la tradizionale “Braciolata” quanto, invece, per la novità della quale si discute da mesi: il ritrovamento del quadro sull’incendio del vecchio borgo medievale.
La Pro Loco, oltre alla braciolata (il pranzo, distribuito alle 12:30, prevede un primo, carne alla brace, vino e dolci), allestirà per l’occasione una mostra sul pittore svizzero August Weckesser con esposizione delle foto del quadro originale e soprattutto dei bozzetti preparatori, finora sconosciuti ai più, fatti ammirare ai cameratani dal direttore del “Museo di Ognissanti”, Roger Fayet, in occasione della visita di alcuni di loro svoltasi all’inizio di dicembre del trascorso anno a Schaffhausen, in Svizzera.
«È una serie di piccoli quadri con volti e oggetti dei nostri antenati – ci ha dichiarato Ennio Fracassi, un artefice della ricerca – e vi assicuro che sono cose veramente belle e interessantissime da un punto di vista etnologico, anche per l’esatta ricostruzione storica di Camerata».
Lo stesso giorno, verrà annunciata la ristampa, a cura del Parco dei Monti Simbruini, del volume “L’arca ritrovata. Storia degli arcari di Camerata Nuova”, «che sarà aggiornata con questa nuova scoperta, che sicuramente offrirà nuovi spunti per l’analisi dell’incendio di Camerata Vecchia», precisa Fracassi, che nel 2002 ha realizzato il libro insieme a G. Mescolini.
Camerata Nuova è un minuscolo paese, stretto tra Abruzzo e Lazio. Un paese di confine che, prima dell’incendio, era abbarbicato sui rocciosi pendii dei Simbruini, appena ai margini della faggeta a 1.220 m di altezza. Stava silenzioso e appartato lassù, con le antiche casupole dai tetti di tavole e paglia, prima che un violento incendio lo distruggesse interamente. Contava ottocento anime, ma ce n’erano appena duecento il giorno della tragedia (9 gennaio 1859) perché gran parte di loro erano occupate a lavorare in Campagna Romana. Morirono sei cameratani e altri rimasero ustionati e feriti. Molti superstiti vennero soccorsi dai vicini abitanti di Rocca di Botte. Per decenni vennero accusati ingiustamente gli arcari (vedi scheda) della distruzione del paese. In realtà, si trattò di un banale incidente: prese fuoco il camino di A. Galeri e un vento molto forte fece il resto. Quel giorno, il pittore svizzero A. Weckesser ebbe la ventura di trovarsi nel pieno del disastro e tanto ne rimase impressionato che riuscì a raccontarlo nel toccante dipinto conservato nel “Museo di Ognissanti” a Schaffhausen (Svizzera) con il titolo “Brand im Sabinergebirge” (“Incendio nei monti della Sabina”) finito nel 1862.
«Dopo 150 anni è stato ritrovato il quadro dell’incendio di Camerata – ci dice E. Fracassi, visibilmente emozionato - che è il simbolo della comunità cameratana e delle sue origini. Dai primi del Novecento al “bar del Moro” il proprietario teneva esposta in bella vista e con orgoglio una delle tre stampe in bianco e nero dell’incendio di Camerata, e poi la vendeva in cartolina – ricordo ai turisti».
Queste cartoline che giravano e la riproduzione nella sala consigliare del Comune hanno sempre suscitato curiosità non solo nei paesani ma anche nei villeggianti e studiosi della zona. Ma chi chiedeva dove si trovasse l’originale e chi fosse il pittore, riceveva solo risposte vaghe e spesso il silenzio. «Purtroppo, per molto tempo la sola risposta è stata quella del vecchio barista Fulgenti, secondo il quale il quadro era andato distrutto sotto le macerie dei bombardamenti a Berlino nella seconda guerra mondiale».
Anch’io, nella mia collezione, ne conservo alcuni esemplari e spesso le ho usati a corredo di vari articoli nel corso degli anni. Ma sembrava che ci si fosse, ormai, rassegnati. Invece, un giorno successe qualcosa di imprevedibile che Ennio Fracassi così ci racconta:
«Nel 2007 due signori, forse stranieri, entrarono nella sala consiliare del Comune e chiesero notizie di Camerata Vecchia ad un consigliere comunale. Avevano visto sullo sfondo della sala la pessima riproduzione dell’incendio. Inorriditi, mostrarono al consigliere un libro dove era riprodotto a colori il quadro originale di quel famoso incendio. L’ignaro consigliere – prosegue Fracassi – si limitò a chiedere solo una fotocopia personale senza farsi lasciare nessun recapito o altra indicazione. A quel punto l’interesse per la ricerca crebbe a dismisura; si aprirono dei blog e delle discussioni su face-book e internet; si potenziarono le ricerche sistematiche sui pittori dell’Ottocento che avevano operato nei paesi della valle dell’Aniene: Roviano, Anticoli Corrado, Cervara, Subiaco e Cineto Romano; si coinvolsero professori di storia dell’arte, direttori di musei, appassionati e collezionisti. Ma eravamo fuori strada perché andavamo dietro ad un “pittore tedesco” e alla voce “incendio di Camerata”. Grazie all’ostinazione dei ragazzi della Pro-Loco, alla fine, il quadro è stato individuato in Svizzera, nel “Museo di Ognissanti” di Schaffhausen, vicino Zurigo. Il pittore era svizzero e il titolo del quadro “Brand im Sabinergebirga” (L’incendio sulla Sabina). Probabilmente il riferimento ai monti della Sabina e non ai Simbruini fu solo per interesse economico, in quanto la Sabina era molto più conosciuta all’estero per il legame storico con il “Ratto delle Sabine” e ciò poteva far comodo per vendere meglio il quadro», conclude Fracassi.
August Weckesser (1821-1899) aveva soggiornato, infatti, molti anni a Roma e operato nella valle dell’Aniene. Oltre al dipinto dal titolo “Monti della Sabina” (in collezione privata) – molto probabilmente uno studio per lo sfondo del quadro dell’incendio di Camerata -, di lui si conoscono le opere: La donazione del pane in occasione della festa di S. Antonio a Cervara nei pressi di Roma (1884, Kunsthaus Zurigo), Cineto Romano e Bergers musiciensaux environs d’Anacapri (1860), che in realtà rappresenta uno scorcio di Cervara di Roma vista dal basso.
Ed ora che il mistero è stato risolto, si vuole far festa grande a Camerata Nuova, e l’apposito Comitato di cittadini che si è costituito già incalza l’Amministrazione comunale per la creazione di un Museo.
Artemio Tacchia