ROSSELLA FALK A RIOFREDDO
di Luca Verzulli
Rossella Falk, la grande diva del teatro italiano è scomparsa a Roma domenica 5 maggio 2013 all’età di 86 anni. Pochi sanno però che giovanissima, dal 1943 alla fine della II guerra mondiale e più raramente anche negli anni seguenti, soggiornò a Riofreddo nel villino ora proprietà della famiglia Ruggeri e che è anche chiamato Il villino dei 7 nani per le statuette disneyane presenti nel giardino e che si trova in via dei Villini 7, subito dopo l’inizio di via di Colle Roberto.
Quando vi abitò la famiglia Falzacappa (vero nome della Falk) la casa era di proprietà di Mario Proietti. In via Luigi Bellotti Bon (Roma, quartiere Parioli) nacque il 10 novembre 1926 Rosa Antonia Falzacappa. Era la primogenita del colonnello Augusto Falzacappa e di Andreina Nobili. Presto sarebbe venuto anche un fratellino, Lucio, a rallegrare con le sue risate la famigliola del colonnello (1).
[…] E un bel giorno scoppiò la guerra [...] Ma i Falzacappa non si spostarono dalla Città eterna, data la posizione del padre colonnello d’artiglieria. Solo dopo l’8 settembre, quando la situazione precipitò, le inevitabili difficoltà d’approvvigionamento spinsero la famiglia a trasferirsi in un borgo tra i campi vicino a Tagliacozzo, dal poetico nome di Riofreddo, dov’era facile trovare carne a buon mercato e latte appena munto quasi impensabili a Roma, desolata città aperta (2).
Probabilmente scelsero Riofreddo per l’amicizia con la famiglia Gandi, proprietaria di cave di pozzolana a Tivoli e che già frequentava Riofreddo per la villeggiatura. I pasti li consumavano spesso nella pensione “La Villetta” di Corrado Sebastiani e che si trovava subito dopo Porta Santa Caterina. Le gemelle riofreddane Elvira e Maria Rocchi (3) mi hanno raccontato che in quel periodo furono a servizio presso la famiglia Falzacappa (4) e che hanno sempre mantenuto rapporti molto affettuosi con la grande attrice. Le sorelle ricordano bene anche la mamma («una gran signora ») e il papà di Rossella, il colonnello che lavorava presso la Direzione di artiglieria in via Etruria a Roma e che trovò lavoro anche ad alcuni riofreddani, tra cui Giuseppe Artibani (detto Peppone). Alle gemelle fece confezionare delle scarpe utilizzando del materiale militare. Successivamente gli regalò le scarpe bianche che tutte e due usarono per il loro matrimonio.
Nella biografia della Falk, scritta dal giornalista e critico teatrale Enrico Groppali nel 2006, si riporta un racconto di Rossella durante la sua permanenza a Riofreddo: Ormai il conflitto armato volgeva al termine, ma i tedeschi, che non avevano ancora abbandonato l’Italia, non scherzavano con chi fraternizzava col nemico. Nei paraggi c’era un campo di prigionia di americani atterrati nottetempo col paracadute, che tentavano in ogni modo di evadere dal controllo e di fuggire. Io e mio fratello ci recavamo spesso da loro, pedalando per ore in bicicletta e cercando di nasconderci dalle colonne tedesche che a intervalli pattugliavano la zona. Gli portavamo pane e uova ricevendo in cambio di chewing-gum e cioccolato. Tra loro c’erano canadesi, australiani e persino sudafricani, che tuttavia, essendo neri di carnagione, erano stati emarginati dal gruppo, che non si mostrava particolarmente tenero con loro. Ricordo che una volta, stupefatti, restammo per un pezzo a guardare due internati neozelandesi più alti e massicci degli alberi che avevamo costeggiato lungo la strada. Inconsapevoli di correre un rischio enorme, se una pattuglia ci avesse sorpreso, io e Lucio correvamo felici all’appuntamento con i nostri amici americani. Ma un bel giorno, mentre stavano tornando a casa addentando a turno la stecca di cioccolato che ci era stata appena regalata, sentimmo da lontano l’eco fragorosa delle camionette. Tremando come una foglia, sussurrai a mio fratello di nascondersi dietro un masso sul ciglio della strada, di gettare le bici lungo il pendio e di appiattirci a terra come due talpe. Lui obbedì senza fare storie, ma il masso che doveva nasconderci ai tedeschi era troppo piccolo perché passassimo inosservati e allora io, con la forza della disperazione, gli ingiunsi di strisciare al suolo come fanno le lucertole quando si vedono preclusa ogni via di scampo. Aderisci al terreno come se ci sprofondassi dentro gli sussurrai impaurita. E, per essere più esplicita, con una spinta lo tenni fermo a rischio di soffocarlo nella polvere. Poi mi stesi al suo fianco, cercando il più possibile di aderire a quel terreno brullo, smangiato dal sole e irto di ciottoli appuntiti che mi ferivano le gambe. Un attimo di terrore, e la colonna passò oltre. Mi chiedo ancor oggi come fecero a non scorgerci (5).
La Falk parla di «campo di prigionia» ma si confonde: a Riofreddo non c’era nessun campo di prigionia e se ci fosse stato lei e il fratello non avrebbero certo potuto accedervi. C’erano però gruppi di soldati alleati che si rifugiavano nel bosco di castagni Le Pacetta vicino al paese, e la strada lungo la quale incontrarono i tedeschi forse era quella per Fonte Limosa, anche se «pedalando ore in bicicletta» – come racconta – potrebbe voler indicare un luogo abbastanza lontano da Riofreddo, probabilmente Avezzano dove c’era un campo di prigionieri.
Ma, comunque, appare abbastanza inverosimile che i due potessero tranquillamente barattare «pane e uova ricevendo in cambio chewing-gum e cioccolato» con prigionieri alleati in un campo controllato dai tedeschi! Il padre di Rossella si chiamava Augusto Falzacappa ed era nato a Tarquinia il 20 aprile 1894.
Ufficiale di artiglieria partecipò a tre guerre e, mutilato a un braccio, fu più volte decorato al valor militare. Nella seconda guerra mondiale operò in Grecia e quando veniva a Riofreddo raccontava al conducente della carrozza che lo portava dalla stazione in paese (Paolo Veroli) delle vicende militari su quel fronte e delle dracme greche. Durante la guerra il colonnello scambiò con Torriddo Vasselli una doppietta da caccia per 5 kg di fagioli (il fucile è ancora gelosamente conservato dalla famiglia Vasselli a “Villa Celeste”). Fece una sòccieta (cioè una società al 50%) di una cinquantina di pecore con Cannarozzone (Antonio Conti) che le portava a pascolare a Carticetta.
Rossella, sul cancello della villa, aspettava Cannarozzone che tornava la sera dopo il pascolo delle pecore e gli offriva un bicchiere di vermouth e dei biscottini. A volte li offriva anche a Pelone (Domenico Portieri) che, anziano, camminava con due bastoni e che le diceva: «Signora mia, comme sì bella!». Le gemelle si vergognavano di dire a Rossella che quel vecchio signore si chiamava Pelone e gli spiegarono che se lo si chiamava col nome suo, Domenico, manco si accorgeva che lo stavano chiamando. A un certo punto la soccieta si chiuse e il colonnello vendette alla fiera di San Cosimato la gran parte delle sue pecore. Le poche rimaste le portavano al pascolo Maria, Elvira e la giovane Rossella, che si aiutava con un lungo bastone. Augusto Falzacappa frequentava la sartoria di Giovanni Vasselli che si trovava nel locale di via Valeria subito dopo l’emporio di Caterina e che fino a pochi anni fa era la frutteria di Zaganella. Una sera il colonnello fece trovare sotto la porta di Rossella, in un bigliettino affettuoso, quel nome d’arte che non avrebbe abbandonato mai: «Falk d’ora in avanti sarà il tuo nome. Ci ho pensato su e queste due sillabe mi sembrano proprio quel che ci vuole per una futura signora della scena. Mettendo insieme la prima sillaba del cognome di famiglia e trasformando il suffisso ‘cappa’ nella lettera alfabetica che lo rappresenta si ottiene un appellativo corto ed elegante, facile da ricordare» (6). Augusto Falzacappa, purtroppo, non vide mai i grandi successi della figlia: morì a soli 53 anni per lo scoppio di una bomba il 29 aprile 1947 a Bagni di Tivoli, durante un’ispezione a una fabbrica di esplosivi.
Rossella Falk anche dopo la guerra venne a Riofreddo: le gemelle si ricordano una sua permanenza di due giorni in una casa a Castiglione, in via Garibaldi. Anchedopo che la famiglia Falzacappa ritornò a Roma i rapporti con le gemelle Rocchi non cessarono. Andreina e Rossella furono presenti ai matrimoni sia di Maria che di Elvira e fecero regali per i loro figli (per Dino di Elvira una copertina tutta decorata e scarpette, cuffiette e bavaglini; per Vincenzo di Maria il camicino). Quando Elvira si ricoverò all’Ospedale San Giovanni a Roma per un intervento a un orecchio, Rossella andò a trovarla. Anche le gemelle andarono al teatro Eliseo a vedere uno spettacolo della Falk, che dopo le invitò nella sua abitazione posta sopra il teatro. Spesso si scambiavano saluti e auguri per telefono e molte volte furono invitate nella villa dei Falzacappa a Zagarolo.
Il 20 luglio del 1991 Rossella ritornò a Riofreddo e volle rivedere il bar di piazza Donizetti per controllare se era ancora come se lo ricordava lei negli anni Quaranta. Andò a trovare Maria ed Elvira che poi la portarono a vedere la casa del figlio di Elvira, Bernardino. Ma Riofreddo continua ancor oggi ad essere frequentato da importanti attori e attrici italiani: sono ormai molti anni che a circa 200 metri dalla villa che ospitò la Falk si trova il villino dove spesso vengono a riposarsi Stefania Sandrelli, Amanda Sandrelli
e Blas Roca Rey.
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1 – E. GROPPALI, Rossella Falk l’ultima diva, Milano, Mondadori, 2006, p. 15. In realtà prima di Rossella
la coppia aveva avuto un maschietto che era però morto di meningite nel 1933 (vedi intervista all’attrice
pubblicata da Il Messaggero, 6 settembre 1994).
2 – Idem, p. 22.
3 – Nate a Riofreddo l’11 giugno 1924 da Angelo Rocchi (detto Campanile) e dalla vallinfredana Teresa
Tiberi.
4 – «Elvira e Maria ci parlano divertite degli scambi di persona e degli equivoci di cui, a causa della
loro somiglianza, sono stati vittime i rispettivi fidanzati. E poi ancora del lavoro al forno, delle doglie
del parto mentre impastavano il pane, del lavoro a servizio presso villeggianti celebri, come Rossella
Falk, delle lettere dalla prigionia dei mariti, scritte fitte col lapis», in G. SAPIO e M. REPETTO, Album
del Medaniene, vedi www.atcllazio.net
5 – E. GROPPALI, op. cit., pp. 22-23.
6 – Idem, p. 56.