di Nicola Cariello
La vita del pittore russo Silvestr Feodosievič Ščedrìn (1791-1830) fu breve ma assai intensa e feconda. Il talento di cui era naturalmente dotato trovò modo di manifestarsi appieno, incoraggiato dall’ambiente familiare: il padre era un noto scultore e lo zio, Simeone, un altrettanto celebre pittore paesaggista. Silvestr che, ancora bambino, veniva portato dallo zio all’Ermitage ad ammirare le opere del Canaletto, come ricorderà in seguito, sognava già allora di seguire le orme del suo illustre parente. Dimostrò ben presto le sue capacità: all’età di venti anni l’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo gli concesse la medaglia d’oro ed il diploma di prima classe, con il diritto ad una borsa di studio onde perfezionarsi all’estero.
Le complicazioni internazionali causate dalle guerre napoleoniche ritardarono questi progetti e soltanto nell’estate del 1818 i vincitori delle borse di studio dell’Accademia riuscirono ad imbarcarsi alla volta dell’Italia (1).
Roma, dove giunse il 15 ottobre 1818, era il luogo al quale Ščedrìn era destinato. Ma ben presto fu incaricato di recarsi a Napoli ed il golfo partenopeo restò poi, in effetti, il posto al quale fu profondamente legato fino alla morte (2).
Intanto, però, ebbe modo di frequentare, tra il 1822 ed il 1823, anche le località laziali che costituivano allora quasi una meta obbligata per i paesaggisti italiani e stranieri. In particolare, dimorò a Subiaco dal 17 agosto al 17 ottobre 1822, come attestano le lettere che egli scrisse all’amico Samuele Gal’berg, scultore che lavorava a Roma in quel lasso di tempo. A quanto pare, tuttavia, stando al tenore delle comunicazioni che indirizzava al suo connazionale, Ščedrìn non appariva molto soddisfatto dei risultati raggiunti nella cittadina sublacense.
“Caro Samuele Ivanovič – scrive il 5 settembre 1822 – … grosse nuvole coprono continuamente il sole, ora piove ora no … i miei quadri non vanno avanti nemmeno di un centimetro, per cui io mi trovo alquanto smarrito non sapendo che cosa dovrò portare a termine, se gli studi di qui o i panorami di Roma per l’arrivo del sovrano (3)”.
Indubbiamente il maltempo doveva influire pesantemente sul temperamento sensibile ed emotivo di Ščedrìn, il quale, il 22 settembre, confida all’amico: “Che cattiva sorte! Non riesco assolutamente a sopportare questa pioggia che affligge ogni ora, che noia mortale: le piogge incessanti mi hanno portato all’esasperazione e non so che cosa fare, cammino per la stanza finché non sono così stanco da riposare appena un po’ al tavolo … Scusate se vi disturbo tanto, ma la disperazione mi ha portato al punto, ve lo confesso apertamente, che Subiaco non mi piace affatto e che al più presto voglio prendere la diligenza. Se non arriverà l’imperatore, potrei andarmene a San Cosimato …”. E ancora il 3 ottobre aggiunge: “Il mese di settembre mi aveva talmente seccato che avevo prenotato il biglietto (4), ma poi ho ricevuto la vostra lettera piena di varie riflessioni e ho deciso di restare qui un dieci-quindici giorni … perché mi spiace molto lasciare Subiaco, dove un brutto settembre mi ha rovinato tutto …”.
Soltanto tre giorni dopo, il 6 ottobre, scrive di nuovo all’amico Gal’berg per comunicargli che è tuttora indeciso sul da farsi ma che, tutto sommato, ha intenzione di proseguire il suo soggiorno a Subiaco: “Per quanto mi riguarda, forse non verrò perché sono molto occupato e non ho voglia di essere distratto da … (5) e inoltre la pioggia mi impedisce non poco di passeggiare. Così non posso dire nulla circa il mio ritorno, in quanto non so che notizie mi farete avere: se l’imperatore non verrà, non c’è motivo che io mi affretti, ma comunque vi avviserò prima tramite la posta”. Effettivamente lo tzar Alessandro I, al quale l’artista aveva intenzione di mostrare i suoi lavori, dopo il Congresso di Verona non si recò a Roma. Nonostante le sue incertezze, Ščedrìn infine risolse di lasciare comunque Subiaco e ritornare a Roma, dove abitava insieme con Gal’berg. In una lettera datata 14 ottobre, infatti, annuncia: “Ho intenzione di ritornare a Roma con la prima diligenza, cioè venerdì, perciò prego la signora Teresa che prepari le mie stanze. Subiaco ormai mi è venuto a noia, i soldi mi bastano appena per arrivare fino a Roma e non so se ce la faccio con le scarpe a raggiungere la diligenza. Più di tutto mi fa stare in ansia questa maledetta mancanza di informazioni: vi prego comunque, se c’è qualcosa di sicuro o di fondato circa l’arrivo dello tzar, comunicatemelo con il primo corriere, magari solo due righe … Scusate, vi sto seccando troppo, ma mi trovo in una posizione molto sciocca, tanti quadri incominciati e nessuno ultimato, il che non mi sembra lodevole”.
Le confidenze sui suoi malumori relativi al soggiorno a Subiaco furono riservate all’amico Gal’berg. Ben diverse risultano, in realtà, le espressioni che Ščedrìn usa scrivendo ai genitori. Il 18 novembre da Roma annuncia: “Grazie a Dio sto bene, sono ritornato solo verso la fine del mese scorso da Subiaco, dove ho abitato due mesi, eseguendo degli studi alla maniera dei paesaggisti; gli avvenimenti dell’anno corrente come, in certo modo, quelli dell’estate scorsa, mi hanno costretto a fermarmi a lungo a Roma, dove a ottobre si aspettava l’arrivo del nostro sovrano e per tale occasione avevano intenzione di organizzare una mostra in cui sarebbero stati esposti lavori degli artisti russi. Proprio per questo avevo preparato un quadro del Colosseo per il quale ho dovuto faticare parecchio … nel frattempo si è venuto a sapere che l’imperatore non verrà a Roma, benché qui avessero tanta voglia di vederlo … I quadri che ho dipinto quest’ultimo anno sono stati quasi tutti venduti: nei miei quadri tutti cercano l’acqua e li comprano tanto più volentieri in quanto gli intenditori trovano che io la dipingo bene. Effettivamente ne sono attratto e vado nei posti dove ci sono fiumi e cascate …”. Nella stessa missiva trova il modo di descrivere ai suoi anche il luogo di quella che chiamava la sua “villeggiatura”: “Subiaco è una cittadina di forma piramidale, dista da Roma circa 37 miglia, maestose montagne, l’acqua trasparente dell’Aniene, bravi abitanti, simpatici proprietari della trattoria, un pesce saporito, le trote, dolci chiamati mostaccioli e funghi raccolti dagli alberi secchi, vi basta questa descrizione? Se vi sembra poco, posso aggiungere: in alto su una montagna, tra le rocce si trova il monastero di san Benedetto, fondato da lui stesso, dove si conservano ancora le rose dove quel santo si gettò nudo per mortificare la carne per l’amor di Dio e indicano anche l’altezza del santo, più alto di me della testa. Accanto a questo monastero c’è un altro enorme edificio dove degli affabili monaci dello stesso ordine offrono gratuitamente la colazione agli stranieri in visita …”.
Infine, il 17 dicembre, il nostro artista inoltra la sua relazione ufficiale al Consiglio imperiale dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo. Questo è il testo tradotto integralmente:
“Poiché mi sono occupato del grande quadro che raffigura il Colosseo e le cose che gli sono intorno, di cui avevo già avuto l’onore di informare l’Accademia imperiale delle Belle Arti nella mia precedente relazione quando detti inizio al lavoro, ormai terminato, non ho inviato relazioni su altri miei lavori, nel timore di ripetere semplicemente le stesse cose. Stante la difficoltà del soggetto che avevo scelto per quel quadro, non ho potuto terminare il lavoro per l’inizio dell’estate, come mi ero proposto, per dirigermi poi nei dintorni della città a disegnare dei panorami dal vero. Inoltre, gli artisti russi che erano a Roma, nell’attesa dell’arrivo di Sua Maestà l’Imperatore, si stavano preparando per l’occasione onde allestire una mostra dei loro lavori: per questo anche io sono dovuto restare in città per mettere in ordine alcune delle mie opere e non sono potuto partire prima del 17 agosto. Da quella data fino al 17 ottobre sono stato a Subiaco ed ho disegnato sei panorami ormai ultimati, compresa la vista della cascata che si trova sotto il famoso monastero di San Benedetto; il clima variabile e piovoso mi ha fatto perdere molto tempo e mi ha impedito di sfruttare pienamente i panorami magnifici e insieme maestosi di cui abbonda Subiaco.
Al mio ritorno a Roma ho terminato definitivamente il quadro del Colosseo e ho cominciato vari studi e disegni. Nel corso dell’estate ho dipinto un panorama di Monte Cavallo con una parte del Palazzo papale ed i colossi (6), due viste di Napoli e due di Roma: di queste ultime due una rappresenta il Campidoglio dalla parte del Foro con varie rovine antiche e l’altra una parte dei ruderi del palazzo dei Cesari.
Confidando, infine, nell’ulteriore sostegno da parte dell’Accademia di Belle Arti, ho l’onore di restare, con profonda stima, il servo vostro Silvestr Ščedrìn”.
L’attività pittorica dell’artista russo a Subiaco, perciò, nonostante il cattivo tempo che gli aveva guastato l’umore e gli aveva impedito di dare inizio ad altri lavori, aveva dato i suoi frutti, stando a quanto egli dichiara nel suo rapporto all’Accademia di Pietroburgo. L’anno dopo scrivendo da Roma ai genitori, il 22 marzo 1823, il nostro pittore comunicava espressamente “Ho intenzione di mandare i panorami di Subiaco all’Accademia, ma non posso garantire con sicurezza questi progetti, perché vivo non come si deve ma come decidono il buon Dio e le circostanze”: evidentemente Ščedrìn giudicava positivamente le opere che aveva creato nella città di San Benedetto. Occorre anche aggiungere, peraltro, che nel periodo del suo soggiorno a Subiaco Ščedrìn non fu proprio solo, poiché nella stessa cittadina lavorava con lui il compatriota Pietro Basin, al quale pure si devono quadri che hanno ad oggetto Subiaco nonché un ritratto dello stesso Ščedrìn (7)”.
Il lavoro svolto nel periodo “laziale” della sua attività artistica costituì la base per lo sviluppo definitivo del suo talento, che si rivelò completamente nelle opere create negli ultimi anni della sua vita, tra il 1825 ed il 1830. In quegli anni lavorò a Napoli e nei dintorni. Una malattia mal curata lo condusse alla morte prima che raggiungesse i quaranta anni di età. Negli Atti dello stato civile (Morte) del Comune di Sorrento (vol. 21853, anno 1830, f. 55, n. 107) si legge che “nel giorno otto del mese di novembre anno corrente alle ore tre di notte è morto nella locanda di Maddalena Amuro, sita in questo Comune, strada San Cesareo, il Signor Silvestro Schedrin celibe, di nazione Russo, di anni trentanove nato in Pietroburgo, di professione Pittore domiciliato in Napoli, strada Santa Lucia”. Fu sepolto nella chiesa di San Vincenzo a Sorrento (8) e l’amico Gal’berg collaborò con altri artisti per abbellire la sua tomba, composta di un affresco ed un altorilievo in bronzo. Dopo la demolizione della chiesa, avvenuta agli inizi del XX secolo, la sua tomba è stata trasferita nel cimitero di quella cittadina.
1 – Erano, oltre il nostro pittore paesaggista ŠČEDRIN, il pittore storico SAZONOV, gli scultori KRYLOV e GAL’BERG e l’architetto GLINKA.
2 – “Napoli mi è necessaria, non potrò mai dimenticare quel posto incantevole” (Lettera del 18 novembre 1822 ai genitori a Pietroburgo, v. infra).
3 – I brani della corrispondenza che ho tradotto sono tratti dal volume curato da M. EVSEV’EV, Ital’ianskie pis’ma i donesenia Sil’vestra Feodoseviča Ščedrina. 1818-1830, Al’jans Archeo, Moskva-S. Peterburg 2014. Il sovrano cui si riferisce l’artista russo è lo tzar ALESSANDRO I, che doveva partecipare al convegno organizzato dalla Santa Alleanza a Verona (9-14 ottobre 1822).
4 – Per il viaggio di ritorno a Roma.
5 – Interruzione nell’originale.
6 –Si tratta del colle del Quirinale a Roma, sulla cui cima è l’omonimo palazzo, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica. Per colossi si intende l’imponente gruppo marmoreo dei Diòscuri sovrastanti la fontana che da loro prende il nome.
7 – PIOTR VASIL’EVIČ BASIN (1793-1877), anche lui vincitore di una medaglia d’oro accademica, fu in Italia dal 1819 al 1830. Al ritorno in patria fu nominato professore ed insegnò all’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo per circa quaranta anni. Il suo quadro “Panorama dei dintorni di Subiaco” (olio su tela, 1822, cm. 32,3 x 41,2) si trova nel Museo di Stato Russo a San Pietroburgo, mentre il ritratto di Silvestr Ščedrìn (1822, olio su tela, cm. 46 x 37) è nella Galleria Tretjakovskaya di Mosca.
8 – Con il consenso del vescovo di Sorrento, Gabriele Papa, il quale, il 13 novembre 1830, comunicava all’ambasciatore dell’Impero Russo a Napoli “Litteris Tuis, fidaeque Legationis Imperialis Russiae libenter acceptis, statim desiderio Tuo satisfaciendi causa, Schedrin Religionis Graecae Catholicae, qui hic Surrenti die VI Idus Novembris cum magno meo dolore e vita discessit, ea, quae par erat, funebri pompa, sepeliendum curavi”.