Subiaco

A. TACCHIA. Subiaco
Ed. Comune di Subiaco, pp. 48, (cm 14 x 23,5), Subiaco 2011, Fabreschi srl, numerose illustrazioni a colori nel testo, s.i.p.

Si attendeva una nuova guida di Subiaco a uso dei turisti e visitatori dei Monasteri Benedettini e della città. Artemio Tacchia, col suo grande amore e conoscenza storica per la sua terra Aniense ed Equa (ma curioso anche di altre storie e popolazioni), ha scritto un testo prezioso. Non ha sovraccaricato di note e dispute filologiche le sue pagine. Ha mirato all’essenziale e all’efficace. Sa bene che chi vuole approfondire temi e aspetti particolari dispone di altre fonti, come appunto, tra l’altro, la rivista trimestrale AEQUA, che dirige. Subiaco e il suo solo nome, possono dare l’impressione dell’abbagliamento, per il tanto decantato splendore storico e artistico. È troppo facile cavarsela con espressioni quali «scrigno di arte e cultura», «culla del monachesimo cristiano occidentale», «culla della stampa a caratteri mobili in Italia», e simili. Artemio Tacchia non ha scelto queste facili scorciatoie, che non fanno fare un passo avanti. È entrato in medias res sulla centralità di S. Benedetto per Subiaco e i Sublacensi nei secoli; sull’ambiente naturale e i paesaggi; sulla storia delle origini del Sublaqueum, dei primordi cristiani e dell’arrivo di S. Benedetto, con gli sviluppi dell’Ordine benedettino; e poi, i Francescani; l’Arco Trionfale (segno dell’azione di governo di Pio VI); la chiesa di S. Andrea; la Rocca Abbaziale; le altre chiese e chiesette di Subiaco; gli antichi opifici; la villa di Nerone; il monastero di S. Scolastica e il monastero-santuario del Sacro Speco di S. Benedetto; il fiume Aniene. Le citazione da scrittori classici e moderni sono pertinenti ed efficaci. Le fotografie sono scelte con cura e sono esse stesse un avvicinamento alla realtà di Subiaco. Che Subiaco aspiri ad essere inclusa tra i siti “Patrimonio dell’Umanità UNESCO”, Artemio Tacchia non lo scrive, ma lo intende certamente. Che dire? Questa pubblicazione è uno strumento agile e prezioso nelle mani di chiunque: del turista italiano e straniero e dello specialista che volesse approfondire qualche aspetto (specialmente antropologico culturale sui Sublacensi, prodotto vivente di religiosità, arte e storia della loro città), dello studente. Tutto bene, dunque. Ma in nuova edizione, precisare che a pagina 26 la foto S. Maria della Valle si riferisce non all’attuale chiesa ma a S. Maria ad Martires, all’Oliveto Piano, demolita nel ‘700, proprio per costruire l’attuale S. Maria della Valle. Certo, questo è cercare il pelo nell’uovo! Piuttosto, a noi preme che i Sublacensi, aiutati anche da pubblicazioni di pregio come questa, aderiscano sempre più all’idea che essi sono comunque figli di S. Benedetto e di una cittadina piccola e importante per la spiritualità e l’arte e di cultura agricola, montanara e artigianale, da riscoprire e aggiornare, senza timore di smentire un certo illusorio effetto-città. (Giuseppe Cicolini)