di Nicola Cariello
Sulle pagine di questa rivista sono apparsi più volte articoli riguardanti le possibili etimologie del termine “Scutonico”, nome con cui viene designato l’antico ponte romano sulla via Tiburtina Valeria presso Roviano. Tale curiosità, ancora insoddisfatta, non è una cosa nuova. Già il Cardinali, ad esempio, ricordava “un bel ponte antico costrutto di pietre quadrate, al quale si dà il nome volgare di Scutonico, d’incerta etimologia”(1), mentre il Nibby scriveva: “L’Olstenio nelle note al Cluverio lo disse Stratonico: il Fabretti ed il Revillas col volgo lo appellano Scutonico: ignota è la etimologia” (2). Inun’opera del Ricci, poi, si legge semplicemente “dopo aver valicato l’antico ponte Stratonico” (3).
Vi è incertezza, evidentemente, anche sull’unicità del nome; in letteratura, infatti, si incontra una duplice denominazione del nostro ponte, chiamato Scutonico con un termine cui si attribuisce un’origine volgare-popolare mentre la voce Stratonico ne costituirebbe il corrispondente culto. Così, anche questa contemporanea esistenza di due nomi, a sua volta, pone un ulteriore quesito: a curiosità si aggiunge curiosità.
Ora, per spiegare il fenomeno del doppio nome e ragionando per analogia ci si potrebbe subito riferire come esempio alla toponomastica romana che in materia conosce alcune interessanti variazioni quali il ponte Màmmolo, derivante da un pons Mammeus o,magari, il ponte Molle, già pons Mulvius. Ma Roma offre casi di corruzione nel volgare dall’originale latino ancora più insoliti e vistosi, come l’interessante chiesetta di Santa Pàssera, la cui primitiva intitolazione era abbastanza lontana dall’attuale, poiché si riferiva a San Ciro Abate (Sanctus Abbas Cyrus): da S. Abbacyri a S. Pacera e S. Passera la parlata popolare ebbe il potere di far intitolare l’edificio religioso ad una santa inesistente (4). Di conseguenza si potrebbe pensare che anche il nome del nostro ponte abbia subito un simile fenomeno di metamorfosi, consumatasi nella transizione dall’età classica all’Alto Medioevo: l’antica denominazione di Stratonicus nella parlata incolta del popolo ormai disavvezzo al latino si sarebbe trasformata in un incomprensibile Scutonicus, termine di per sé del tutto privo di un significato logico.
Le condizioni perché ciò avvenisse ci sono tutte e tale tesi potrebbe finalmente fornire una spiegazione plausibile concludendo così una questione annosa. Inoltre, come nel caso di altri ponti d’epoca romana, la cui denominazione era costituita da un nome proprio, anche il ponte Stratonico porta il nome di una persona.
Chi ha dato il nome al ponte?
La questione preliminare, però, consiste nell’identificare il misterioso personaggio che avrebbe dato il suo nome al ponte. Stratonico, fra l’altro, era un nome di origine greca (sono noti uno Stratonikos musico e poeta al servizio di Tolomeo d’Egitto ed uno scultore di Pergamo allievo di Crizia) molto diffuso in epoca imperiale. Si conosce, infatti, un Tito Claudio Stratonico, originario della Frigia, vissuto all’epoca dell’imperatore Settimio Severo (146-211) e governatore di Smirne, il cui nome appare in un medaglione che raffigura la dea Cibele, e perfino un santo martirizzato nel 315 a Singudunum (Belgrado) per ordine dell’imperatore Licinio (250-325) e ricordato dalla Chiesa il 13 gennaio. Il sepolcro di un santo vescovo Stratonico, inoltre, si trovava in una chiesetta eretta nel VII secolo a Roma fuori delle mura Aureliane tra le vie Prenestina e Labicana (5). Occorre verificare, allora, da dove sia stato tratto questo nome antico per battezzare il nostro ponte. Andando indietro nel tempo ne troviamo menzione nel XVII secolo nel Fabretti, notissimo storico ed archeologo, che a sua volta ci rimanda all’opera di un altrettanto illustre contemporaneo, l’Olstenio, geografo e filologo.
In particolare, il Fabretti scrive: “Nam, primo Holstenius supponit ibi, pontem Scutonicum, quem graeca denominatione honestando, Stratonicum nuncupat, esse in via Valeria …” (6). In altre parole e senza ricorrere a perifrasi il Fabretti dichiara che l’Olstenio, allo scopo di nobilitare o almeno ingentilire con una patina di antichità il nome di “Scutonico” che gli doveva apparire volgare e rozzo, pensò bene di far ricorso ad un termine di origine greca, che allo stesso tempo evocava nomi di illustri personaggi ma manteneva anche una certa assonanza con il vocabolo di uso corrente.
Possibile che il grande Lucas Holste, bibliotecario del Vaticano e studioso di fama internazionale, conosciuto per aver corretto le carte geografiche del suo tempo, abbia inventato di sana pianta un nome antico per il ponte Scutonico?
Non resta che rivolgersi direttamente alla fonte per accertare che cosa veramente abbia scritto quello scienziato. E nelle “Annotazioni” che redasse l’Olstenio per un’opera del suo maestro Cluverio (Philipp Klüver) sulla geografia dell’Italia antica (7), in realtà,leggiamo: “Viae autem Valeriae vestigia apparent paulo ultra dictum divertigium sub Rubiano, scilicet pons antiqui operis, quem vulgo Stratonicum appellant inter XXXVI & XXXVII lapidem ejusdem viae” (8).Pare, perciò, che il Fabretti sia nel giusto. L’Olstenio, come si nota, sostiene perfino che il ponte venisse popolarmente (vulgo) detto Stratonico e non accenna minimamente all’altro termine di “Scutonico”, che, al contrario, risulta già allora in uso e perfino registrato nelle mappe catastali (9). Né, d’altronde, giustifica in alcun modo la sua dichiarazione, palesemente in contrasto con la realtà.
La tesi, quindi, dell’esistenza della denominazione di “Stratonico”, con cui il nostro ponte sarebbe stato conosciuto in epoca antica o, almeno, anteriormente all’uso di un termine derivatone successivamente quale “Scutonico”, non sembra affatto sostenibile, in quanto priva di documentazione. L’Olstenio – come notò il Fabretti – coniò per primo quel nome grecizzante nell’intento di attribuire una denominazione classica ad un ponte antico, che nel XVII secolo veniva designato con quello che appariva un nomignolo di origine locale. Nessuna fonte antecedente, tuttavia, giustificava l’effettiva esistenza del termine Stratonico. In conclusione, nel nostro caso, si sarebbe verificato un processo inverso a quello che accade di solito: il nome antico-classico nacque dopo quello popolare e non spontaneamente.
Questa imposizione di un nome “nobile” in luogo di quello che viene giudicata una denominazione “volgare”, d’altronde, non è una prassi ignota nemmeno in tempi recenti. È la filosofia che proprio nel Lazio, ad esempio, ha indotto nello scorso secolo a cancellare i nomi di alcuni paesi che, con provvedimento legislativo, sono stati ribattezzati con nuove denominazioni ritenute più consone al glorioso passato classico.
Resta aperta, comunque, la questione dell’etimologia del nome “Scutonico”, il solo con il quale da tempo immemorabile viene chiamato l’antico ponte sulla via Tiburtina Valeria.
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1-L. CARDINALI, Memorie romane di antichità e di belle arti, Pesaro 1827, vol. III, p. 47.
2- A. NIBBY, Analisi storico-topografica-antiquaria della carta de’ dintorni di Roma, Roma 1848, tomo II, p. 596. La descrizione del Nibby nella sua sostanza viene ripresa anche da altri scrittori, quali il Moroni (G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia 1855, vol. LXXVI, p. 12) e il Gori (F. GORI, Viaggio pittorico-antiquario da Roma a Tivoli e Subiaco sino alla famosa grotta di Collepardo descritto la prima volta da Fabio Gori, Roma 1855, p. 26). Nulla di nuovo aggiungono C. PROMIS, Le antichita’ di Alba Fucense negli Equi, Roma 1836, pp. 52-54, E. DESJARDINS (Essai sur la topographie du Latium, Paris 1854, p. 176) o i Supplementary Papers of the American School of Classical Studies in Rome (“Carsioli”, Roma 1905, vol. I, pp. 108-110, a cura di Bill Thayer).
3- C. RICCI, L’Aniene, Istituto Italiano d’arti grafiche, Roma 1906, p. 78.
4- Cfr. C. HUELSEN, Le chiese di Roma nel Medio Evo, Leo S. Olschki ed., Firenze MCMXXVII, pp. 246-247.
5- ANONIMO, De locis sanctis martyrum quae sunt foris civitatis Romae, in “Codice topografico della citta’ di Roma”, a cura di R. Valentini e G. Zucchetti, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma 1942, vol. II, p. 113. Le reliquie del martire Stratonico sarebbero state poi traslate da papa Pasquale I (817-824) nella chiesa romana di S. Prassede.
6- R. FABRETTI GASPARIS F. URBINATI, De aquis et aquaeductibus veteris Romae dissertationes tres, apud Natalem Barbiellini in Foro Pasquini, Romae MDCCLXXXVIII, p. 83. E in precedenza (p. 76) pure aveva notato: “in ponte, quem ipse Stratonicum nominat”, cioè “sul ponte che lui stesso chiama Stratonico”. Per il Corsignani, invece, (P. A. CORSIGNANI, De Aniene ac viae Valeriae pontibus synoptica enarratio, cui Sambuci Opp. monumenta, necnon proximorum locorum inscriptiones quaedam accessere, Typis A. De Rubeis, Romae 1718, p. 43) era soltanto il pons Scutonicus.
7- P. CLUVERII, Italia antiqua, Lugdun. Batav. 1624.
8- L. HOLSTENII Annotationes in geographiam sacram Caroli a s. Paulo; Italiam antiquam Cluuerii; et thesaurus
geographicum Ortelii; quibus accedit Dissertatio duplex de Sacramento Confirmationis apud Graecos, Typis Jacobi Dragondelli, Romae 1666, pp. 165-166. La citazione di questo brano del testo ci è stata fornita dal dott. Aurelio Aghemo, dirigente della Biblioteca Estense Universitaria di Modena, che si è cortesemente prestato a consultare la rarissima opera conservata presso quella biblioteca.
9- Cfr. A. TACCHIA, I Catasti o le assegne della metà del XVII secolo a Roviano, in Aequa n.30 del luglio 2007, pp. 3-9, dove viene citato come “Scotonico”.