TRADIZIONI POPOLARI A BACUGNO: IL MANOCCHIO E IL TORO OSSEQUIOSO

TRADIZIONI POPOLARI A BACUGNO:
IL MANOCCHIO E IL TORO OSSEQUIOSO

di Andrea Del Vescovo

Quella del “Toro ossequioso” è una delle tante tradizioni pagane successivamente cristianizzate. Il toro ossequioso prima si inginocchiava davanti dalla dea Vacuna, adesso si inginocchia davanti alla statua della Madonna. Vacuna, di cui abbiamo parlato nel numero 15 di Aequa, era la dea più amata dai Sabini. Diversi paesi della Sabina le debbono il nome: Bacugno, Vacone e Bocchignano (che deriva da Vacunianum).
La festa del toro ossequioso si svolge da almeno tremila anni proprio a Bacugno, un paese montano dell’alta Sabina, a nord di Rieti, nella valle del Velino. Il rito della triplice genuflessione del toro si compie durante la festa della Madonna della Neve, che si tiene tutti gli anni nei giorni 2-3-4-5 agosto. Come scrive la studiosa Sara Pica: “Il culto bacugnese della Madonna della Neve si innesta su antichi riti agrari legati alla propiziazione della fertilità dei campi; riti i cui elementi non dovevano essere molto diversi dalla festa della Madonna e del toro ossequioso così come noi oggi li conosciamo. Queste arcaiche feste popolari avevano come motivo propulsore la sicurezza dell’individuo e della collettività. Sicurezza garantita dalla protezione di un essere superiore, che assicurasse soprattutto la fertilità dei campi e degli animali. Successivamente il Cristianesimo ha permesso a tali feste di sopravvivere mediante un lento ma costante processo di sovrapposizione, facendo strategicamente si che nei nuovi riti, sopravvivessero simboli e finalità precedentemente individuate”.
Alle tre di notte del 4 agosto i solcatori si avviano, muniti di pala e badile, in direzione del Monte Boragine che sovrasta la chiesa della Madonna della Neve. Sono i giovani più vigorosi di Bacugno, i quali hanno il compito di tracciare il solco che dalla montagna arriverà fino alla chiesa, a simboleggiare il valore e la funzione sacrale del lavoro dei campi. I solcatori partono dalla località Li Mmastari (in dialetto sabino u mastu è la sella dell’asino, quindi questa era sicuramente la zona dove lavoravano gli artigiani che facevano i mmasti).
All’alba inizia il taglio di un palo di faggio, che, trasportato sulla cima, viene piantato come segnale per l’inizio della tracciatura del solco diritto, che viene appunto eseguito a partire dalla biffa (palo di faggio di 20 metri impiantato all’alba sulla cima del monte) fino al paese in direzione dell’ingresso della chiesa. I solcatori ridiscendono dal monte facendo una sosta nel paesino di Vetozza, dove gli abitanti offrono loro un ristoro prima della ripresa del cammino verso Bacugno. Tornano in paese verso l’una del pomeriggio: qui li accoglie il pranzo tradizionale offerto dalle donne in costume sabino e il suono delle musiche e dei balli tradizionali. Il toro ossequioso viene riccamente addobbato, dato che in epoca antica i tori venivano addobbati anche per i sacrifici (1).
Un’altra tradizione legata alla festa della Madonna della Neve è il “Manocchio”, un grande covone di grano fatto di spighe raccolte in piccoli mazzetti ad una ad una e inserite a mano in una grande intelaiatura di preparazione. Una volta terminata la lavorazione e cinto il Manocchio con una treccia di spighe, esso viene trasportato a spalla per le vie del paese durante la processione. Il rito della legatura del Manocchio si svolge il 3 agosto, verso le quattro del pomeriggio.
Il clou della festa, come abbiamo già detto, si raggiunge il giorno 5, quando il toro infiocchettato si inginocchia per tre volte sul sagrato della chiesa, di fronte alla statua della Vergine. In questo giorno alle 9 avviene la bardatura del toro in località Picciame. Alle 9 e 30 segue la sfilata del Manocchio per le frazioni. Alle 11 e 30 c’è l’incontro della processione religiosa con il toro ed il Manocchio in località Picciame. Alle 12 arrivo in chiesa della processione con il toro e il manocchio, e di seguito: triplice genuflessione del toro ossequioso al cospetto della statua della Madonna, introduzione nel sagrato del Manocchio e “lancio del ciambello tradizionale”, cioè il lancio delle ciambellette da parte delle ragazze in costume sabino (2).
Nei giorni in cui si festeggia la Madonna della Neve a Bacugno si possono assaggiare i piatti tradizionali del posto come la minestra di farro, le frittelle di pane, la polenta. Da gustare la polentina di farro, cucinata secondo una ricetta antica e servita col mestolo (3).
In una delle serate della festa della Madonna della Neve si può assistere anche all’esibizione del “canto a braccio”. Si tratta di una tradizione diffusa solamente nell’alta Sabina e in Abruzzo, tra i pastori. Con il canto a braccio le strofe da cantare non sono scritte, ma si inventano in ottava rima mentre si sta cantando. Versi spontanei, ma con il rispetto delle regole metriche, affidati all’estro e all’improvvisazione del genio individuale; versi pieni di vita e di sentimento, che testimoniano la grandezza di una civiltà, quella della montagna.

Curiosità dell’alta Sabina
La cultura popolare dell’alta Sabina si esprime in forme molto sentite con la musica e il ballo. Uno strumento tipico è l’organetto diatonico, abilmente suonato ancora da molti giovani. Nell’Amatriciano e verso Campotosto risuona spesso il canto delle ciaramelle che quando accompagna il ballo viene ritmato dalla tamburella.
L’alta Sabina (valli del Velino, del Tronto e dell’Aterno) è da sempre una terra di montagna. In un tempo non lontano queste valli erano territorio di leva alpina e i coscritti venivano aggregati al battaglione “L’Aquila” della Brigata Julia. Gli Alpini sono organizzati in gruppi e fanno tutti parte della Sezione di Roma che, per il centro-sud, è seconda solo a quella de L’Aquila. I raduni degli Alpini sono una costante di questa parte della Sabina e richiamano la partecipazione di tutta la popolazione della zona.
La valle del Velino, in provincia di Rieti, è anche la terra dei Flavi (Vespasiano, Tito, Domiziano e famiglia). I Flavi avevano una grande venerazione per la dea Vacuna: Vespasiano fece costruire a Roma un tempio dedicato a questa dea. Anche Domiziano aveva una profonda e quasi ossessiva venerazione per Vacuna, divinità che costituì il tema principale delle sue coniazioni, il cui tempio doveva essere il cuore del nuovo foro che l’imperatore aveva cominciato a far costruire. Proprio nella Valle del Velino, nel comune di Posta, lungo la via Salaria si può ammirare la chiesa di Santa Rufina, un ex – tempio della Dea Vacuna.

1- Il toro era un animale sacro per gli antichi Sabini; venerato anche da altri popoli italici che discendevano dai Sabini (ad es. dai Sanniti). Secondo Festo, dal laghetto sacro di Cotilia in Sabina partirono 7000 Sabini con a capo Comio (o Comino) Castronio, guidati da un bove, l’animale sacro che avrebbe indicato la strada da percorrere, e furono questi ragazzi che diedero origine al popolo dei Sanniti.
2- I ciammellitti si lanciano anche in altre località della Sabina, ad esempio a Monteleone Sabino durante la festa di Sant’Antonio Abate.
3- La polenta era uno dei piatti più diffusi nei paesi di montagna della Sabina, tanto è vero che ancora oggi si svolgono sagre della polenta in diversi paesi. Al riguardo si racconta un aneddoto curioso. D’inverno quando c’era la neve, i lupi non trovando da mangiare si avvicinavano ai centri abitati. Allora una signora del paesino montano di Varco Sabino (Rieti) lasciava fuori dalla porta di casa il pentolone in cui era stata cucinata la polenta. La mattina dopo il pentolone era perfettamente pulito, perché leccato dai lupi!